Cultura e Spettacoli

Lokko guarda all'Africa e al clima

La curatrice presenta la mostra: penserà al continente più giovane

Lokko guarda all'Africa e al clima

La biennale architettura di Venezia, come succede ormai da molte edizioni, non è una semplice mostra di architettura nella quale si presentano progetti architettonici od urbanistici (edifici e città), semmai un luogo dove elaborare ed esprimere un pensiero socio-politico-culturale sul mondo, e al massimo dare ai visitatori la possibilità di trastullarsi con le installazioni e le performance, così che sempre più spesso non ci sia quasi distinzione con la biennale di arte.

D'altronde lo ha spiegato la curatrice Lesley Lokko che l'architettura è fondamentale per la capacità di plasmare non il mondo, ma «come vediamo il mondo». E di fatto nella presentazione della prossima edizione (dal 20 maggio 2023), l'architetta scozzese di origine ghanese, docente di architettura e scrittrice, si è soffermata su due termini sui quali sarà centrata la sua esposizione dal titolo, abbastanza scontato, «Il laboratorio del futuro»: decolonizzazione e decarbonizzazione.

Termini che a sua detta sono strettamente legati essendo che, a partire dalla tratta transatlantica degli schiavi, «i corpi neri sono stati le prime unità di energia ad alimentare l'espansione imperiale europea che ha plasmato il mondo moderno» e quindi «equità razziale e giustizia climatica sono due facce della stessa medaglia». La crasi azzardata si fonda sull'idea che il mondo, anche per quanto concerne l'architettura, vada sgombrato dalle persistenze imperialiste dell'Occidente e dalle sue plastiche realizzazioni, soprattutto dopo che pandemia e guerra ci hanno messo davanti a quei temi sui quali la Lokko lavora da anni come studiosa e insegnante (meno come architetto), evocati dalle parole chiave del politicamente corretto: genere, identità, diversità, inclusione e, ovviamente, cambiamento climatico.

Meno banale, invece, il richiamo all'Africa che la Lokko propone non solo per motivi biografici - nel 2020 ha lasciato New York ed è tornata in Ghana per fondare l'African Futures Institute ad Accra - ma in ragione delle specifiche di un continente che è davvero un laboratorio del prossimo futuro, con un'età media pari alla metà di quella dell'Europa e degli Stati Uniti, e di un decennio più giovane dell'Asia, con il più rapido tasso di urbanizzazione al mondo, quasi il 4% annuo.

Ma un'urbanizzazione la cui crescita, in gran parte non pianificata, avviene generalmente a spese dell'ambiente e degli ecosistemi locali.

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