Cultura e Spettacoli

Luca Abete: "Tra pestaggi e violenza me la sono vista brutta"

Nel giorno in cui Striscia la notizia è il programma più visto dagli italiani, abbiamo incontrato uno degli inviati più amati del programma, Luca Abete

Luca Abete: "Tra pestaggi e violenza me la sono vista brutta"

Da anni e con grandi inchieste Luca Abete si è scontrato con mafia e camorra e spesso è anche finito in ospedale. Un personaggio che con grazia e gentilezza è diventato un vero e proprio paladino della giustizia, un piccolo “Davide” contro Golia che passo dopo passo è diventato uno dei punti di riferimento per la legalità nel Sud. Il suo ultimo format “4 Parcheggianti” ha portato alla denuncia di 17 parcheggiatori abusivi. Solo l’ultimo di una serie di operazione di parte di Carabinieri e Polizia scattati dopo le segnalazioni dei suoi servizi. “Questa è la forza di Striscia -racconta- e dell’immenso circo costruito da Antonio Ricci” (a cui Luca fa gli auguri di pronta guarigione). E proprio di Striscia la notizia, nel giorno in cui è il programma più visto dagli italiani e ha segnato il record stagionale con oltre 5 milioni e mezzo di telespettatori (con punte che sono arrivate a sei milioni con il 24% di share) abbiamo parlato con lui, di come vengono creati questi servizi e del suo impegno a favore della legalità.

Come è nato il format dei “4 parcheggianti”?

“Questo era uno degli esperimenti che volevamo mettere in campo a Striscia la Notizia, che è in perfetta sintonia con lo stile del programma che affronta tematiche e situazioni gravi andando in fondo senza puntare il dito. Striscia da sempre sperimenta alcuni “linguaggi” televisivi come quello della telecamerina nascosta. In questo “laboratorio”, questo servizio sembrava comunque una formula simpatica e leggera. Quando sperimenti ovviamente puoi rischiare anche di fare flop, invece in questo caso ha funzionato, perché è piaciuto al pubblico dal punto di vista dello spettacolo e ci sono state anche delle conseguenze, con controlli e denunce da parte delle forze dell’ordine”.

L’autorevolezza di Striscia la notizia e dei suoi servizi è qualcosa di unico, spesso si sente dire: “Se lo ha detto Striscia allora è vero”...

“E’ vero è qualcosa di sorprendente. Sono stati scritti fiumi di parole, anche in sedi prestigiose per studiare il miracolo legato a questo programma. Mi viene in mente un aneddoto: certe volte incontro persone che mi dicono: “Grazie Luca mi hai risolto il problema" ed io chiedo "Quale problema? Io non ho fatto nulla". “E’ bastato ‘minacciare’ di chiamare te e Striscia e sono riuscito ad ottenere quello che mi aspettava e che non mi volevano dare". Questo è clamoroso, perché se riusciamo a risolvere i problemi, senza neanche andare sul posto, vuol dire che questa autorevolezza è dirompente. Io ho un filo diretto con gli enti, le associazioni, i comitati, le persone sole e tanta gente che si rivolge a me per cercare di affrontare una dinamica e ho anche la libertà di farlo nel miglior modo possibile".

Come dicevamo prima spesso sono intervenute le autorità. L’hanno mai ringraziata, piuttosto che chiamata, per farsi aiutare in qualche operazione?

“Abbiamo un ottimo rapporto con le forze dell'ordine con loro c'è una collaborazione abbastanza visibile. I nostri lavori danno molto spesso il via a inchieste. Io dico sempre che Striscia è la trasmissione dei record perché ha la redazione più grande del mondo, quella formata da tutti gli italiani che ogni giorno ci scrivono e collaborano alla realizzazione del programma”.

Tenete particolarmente alle segnalazioni dei telespettatori?

“Sono molto attento a quello che mi succede attorno, perché all’inizio per molti anni, arrivando in una Regione dove Striscia non aveva un inviato, non c'era questo scambio. Molti pensavano che fosse l'omertà dei campani, invece da subito ho capito che c'era bisogno di stabilire un rapporto di fiducia con il territorio. La cosa ha funzionato e oggi abbiamo molte segnalazioni che portano ad un costante monitoraggio del territorio attraverso le persone che ci scrivono. Nonostante questo però conservo ancora l'attenzione molto alta”.

Da cosa nasce il suo desiderio di giustizia e legalità?

“Dai miei genitori che mi hanno insegnato i valori della giustizia come stile di vita a partire dalle piccole azioni quotidiane. Questa cosa me la sono portata dietro con un impegno che è poi passato nel mondo della solidarietà. Ho lavorato per molti anni con i bambini. Il desiderio di regalare un sorriso mi ha fatto abbandonare l'idea di diventare architetto e mi ha fatto diventare un clown. Poi la cosa si è ulteriormente evoluta con lo strumento televisivo che mi ha fatto diventare l'inviato di Striscia che tutti conoscono. Molta gente che lavora in televisione perde un po' di vista il contatto con la realtà di tutti i giorni e si chiude nel ruolo di personaggio".

Ci sono state mai critiche per i suoi servizi?

Come inviato di Striscia posso dire di avere un legame costante con tutto quello che mi circonda e il poter rappresentare la voce di gente che soffre che vede un'ingiustizia vorrebbe combatterla e si affida a me è un momento di grande soddisfazione che vivo con slancio e responsabilità. Da questo punto di vista spesso l'accusa che mi viene rivolta è quella di parlare solo di problemi o di porre l’accento sulle cose negative di Napoli, ma non è così. Io ascolto tutti i giorni la gente che vive in situazioni brutte o denuncia qualcosa che non va e per questo cerco di non sprecare quella ‘cartuccia’ che ho, per spararla nella direzione giusta. Sarebbe un peccato mortale sprecare questa occasione per raccontare uno dei tantissimi pregi di una città meravigliosa, come Napoli dove c'è tantissima gente che odia le ingiustizie. Dall’altra parte però, c'è un numero di persone che sono nate e sono cresciute con una mentalità e un modo di agire difficile da sradicare. C’è chi dice che la camorra non esiste perché pensa che convivenze di un certo tipo siano normali perché le hanno vissute fin da quando erano ragazzini, invece questa si chiama malavita organizzata”.

Come è arrivato a “Striscia la Notizia”?

“Con un concorso per i nuovi inviati nel 2005. Lavoravo in una piccola rete di Avellino facendo un programma quotidiano per bambini che mi ha dato la possibilità di diventare disinvolto anche davanti alla telecamera. Quando ho saputo che cercavano un inviato mi sono subito catapultato e i miei video hanno vinto. Per i primi due anni, però, sono andato in onda pochissimo perché ero un po' acerbo. Cercavano di capire se ero veramente adatto a fare questo lavoro. Questa ‘gavetta’ mi è servita tanto, perché mentre qualcun altro forse avrebbe detto “è ingiusto che io venga utilizzato per due, tre servizi all'anno lavorando tutti i giorni”, io ho invece pensato che quel tempo potevano essere sfruttato per diventare più bravo. E oggi lo benedico”.

Tra i tanti servizi che ha realizzato, c’è qualcuno a cui è particolarmente affezionato?

“Sicuramente quelli sulle questioni ambientali, della Terra dei Fuochi ai depuratori che sversavano sulle spiagge le fogne senza depurarle, nel silenzio assordante di tutti. Le mie denunce sono state all'inizio prese male perché erano viste sia come strumentalizzazioni a volte anche come invenzioni di problemi che non esistevano. Poi il tempo, purtroppo, mi ha dato ragione e sono emerse. Mi ricordo di un servizio in un centro dove curavano la riabilitazione di persone disabili, quando mi raccontarono che i pazienti all’interno erano in condizioni disumane io non volevo crederci. Poi ho visto i video e mi sono reso conto che questi pazienti vivevano come nei lager e che erano abbandonati a loro stessi. Quando sono entrato ho potuto constatare con i miei occhi le lenzuola sporche mai lavate e i pazienti in situazioni terribili. Molti di loro poi si scoprì che erano stati anche picchiati. Quella è stata una battaglia dura".

Spesso ha messo il naso in situazioni pericolose si è scontrato con mafia e camorra che cosa è per lei la paura?

“Quando giro un servizio so che può succedere di tutto da un momento all'altro. In anni e anni di lavoro mi hanno picchiato, sono finito in ospedale, abbiamo trovato la macchina rotta. A volte andiamo a Scampia e con la squadra ci ritroviamo accerchiati da gente che ci vuole bene, giusto per smontare un luogo comune e poi in un altro paese sono finito in ospedale con dieci giorni di prognosi. La paura alla fine è un sentimento che è pur sempre relativo, spesso mi dicono che sono coraggioso, ma io penso che lo sia chi va a farsi le analisi del sangue e non sviene. Quando io ci vado e vedo un ago, mi tremano le gambe!”.

Quando voi andate, siete sempre certi di trovare qualcuno che ha commesso un reato?

“Quando andiamo a parlare con qualcuno, lo facciamo per poter dare comunque la possibilità di spiegarsi. E’successo di incontrare gente che non si rendeva conto di quanto fosse grave quello che aveva fatto e ha chiesto scusa o ha posto rimedio ai danni che ha fatto. Ovviamente ci sono situazioni che possono degenerare e quando succede tu non sai mai a che punto si arriva. In quei frangenti speri solo che tutto finisca presto.

C'è stato qualche momento che hai pensato: "Questa volta non ce la faccio"?

"Quando capiamo che la situazione si fa pericolosa, cerchiamo di allontanarci e in molti casi la cosa finisce lì. Altre volte invece ci siamo trovati in situazioni di persone che volevano veramente farci del male e lasciarci a terra. Mi ricordo di un servizio fatto a Caserta quando documentammo il mercatino del falso gestito da ragazzi extracomunitari che ovviamente venivano gestiti dalla malavita organizzata. Tutta merce contraffatta venduta all'interno di un giardino dove c’erano le giostre per dei bambini. Lanciai questa denuncia dicendo che era assurdo che dei bambini avessero fin da piccoli un rapporto così stretto con l'illegalità. Quando andammo lì per la seconda volta ci aspettavano con i bastoni e ci hanno distrutto le telecamere e inseguito con l'intento di farci veramente male. Sono stato salvato da alcune persone che erano in piazza e mi hanno fatto rifugiare in un negozio di kebab. Devo dire che quello è stato il kebab più buono della mia vita, nonostante avessi preso una grande botta in testa e mi fosse quasi saltato un dente con un calcio in bocca”.

In passato ha ricevuto minacce molto pesanti, in quei caso non pensa mai alla sua famiglia o agli affetti più cari?

“Essere un volto noto un po' ti tutela perché quando sono successi dei fatti incresciosi, come un'aggressione o delle minacce, tante persone mi hanno difeso. Ora faccio una vita molto riservata, ho cambiato le mie abitudini rispetto ad anni fa, tengo private le mie cose personali e cerco di vivere in una maniera un po' più tutelata. Anche se devo dire che negli ultimi anni ho registrato un atteggiamento diverso anche da parte delle peggiori persone. Magari sui social network sono particolarmente aggressivi, ma poi quando li incontri dal vivo, bastano due parole per fargli chiedere scusa".

Il mondo in cui viviamo sta diventando sempre più pericoloso...

"Oggi viviamo in un clima di grande esasperazione, proprio dei giudizi, delle attenzioni, delle analisi, sono tutti diventati molto violenti e questa cosa qui non è che fa stare tranquilli. Io però vivo con la consapevolezza che non ho mai mancato di rispetto a nessuno, che ho sempre cercato di portare avanti il giusto. Se durante un’inchiesta mi rendo conto che qualcosa è sbagliato la archiviamo e andiamo avanti con il prossimo lavoro. Anni fa c'è stata anche una manomissione sulla mia pagina Wikipedia, dove aggiunsero la data della mia morte. Avevano cambiato tutti i verbi mettendoli al passato e raccontando anche come sarei stato ucciso da lì a poco. Tutto questo è stato inquietante perché è successo il giorno stesso che io andai a fare un servizio sui beni sequestrati ai Casalesi. Però oggi sono vivo e abbiamo vinto anche questa volta”.

Parlando di social lei è preso particolarmente di mira...

“C’è, come dicevo, una forte esasperazione che sfocia in commenti e accuse smodate che danneggiano più chi le pronuncia piuttosto che chi le riceve. Nel caso specifico sono da sempre bombardato da messaggi di odio e sono talmente abituato che negli ultimi tempi mi diverto a trasformarli in momenti di divertimento per chi legge. Rispondo cercando di ironizzare sulla cosa. Mi rendo conto che c'è gente che vive di questo, ma tutte le persone e anche quelle importanti come i nostri politici, dovrebbero cominciare a dare il buon esempio”.

A proposito di politici, si è mai scontrato con qualcuno di loro?

“Ho fatto servizi su tutto dai politici alle forze dell'ordine fino ai parroci di alcune chiese. La cosa più importante è che mi trovo circondato dall'affetto di tanta gente comune che mi non mi ha mai fatto sentire solo”.

Oltre ai servizi su Striscia, lei è anche molto impegnato socialmente...

“Con ‘Non ci ferma nessuno’, siamo ormai al lavoro per la settima stagione. La campagna è nata nel 2014 con l’intento di girare i luoghi di aggregazione dei ragazzi per parlare con loro di coraggio e di come le difficoltà, se gestite bene, possono diventare un qualcosa di utile e di determinante per la nostra crescita. Questa compagna è nata con una grandissima dedizione all'ascolto dei giovani. Abbiamo redatto tre ricerche scientifiche realizzate con professori dell’università “La Sapienza” di Roma proprio nel tentativo di creare questa analisi e questo studio".

Un format che ha ottenuto molti consensi...

"Oggi il format è vincente, io parlo ai ragazzi non come un professore che indica la strada ma come un amico che racconta un percorso nel quale la maggior parte del ragazzi si riscontra. Con ‘Non ci ferma nessuno’ parliamo di esempi concreti, di scelte e di situazioni comuni di tutti i giorni che poi diventano fondamentali per la loro crescita. Abbiamo avuto anche un grande apprezzamenti come la medaglia del Presidente della Repubblica o i patrocini di alcuni ministeri del governo italiano. Papa Francesco ha voluto fare un incontro a Città del Vaticano dove abbiamo parlato a 7000 ragazzi proprio di queste cose”.

Si parla tanto di una generazione senza un indirizzo preciso. Lei che conosce bene i giovani cosa ne pensa?

“Vedo tanti ragazzi veramente in gamba capaci di portare avanti il loro talento nel miglior modo possibile. Questa non è una cosa nuova che dico, perché è ovvio che ci siano. La cosa che preoccupa invece sono quelli che in questo momento sono un po' indecisi e si lasciano un po' rallentare dalle questioni circostanti. E’ su loro che bisogna puntare. Penso bisognerebbe lavorare ad iniziare dai bambini, quelli che oggi vengono sedotti da display luminosi con touch screen che rischiano di trovarsi così giovani in un mondo parallelo che un po’ li dissocia dalla realtà. Allora un po' di concretezza in più può riportare questi ragazzi ad essere più vicini ad una realtà sana. Se fossi nato in questo periodo, se avessi vissuto l'adolescenza oggi, avrei avuto anche io qualche difficoltà.

Il messaggio quindi è quello di non demonizzare i ragazzi, non demonizzare il loro mondo e i loro linguaggi ma capire tutto quello che c'è attorno, per cercare comunque di trovare una strada che possa essere utile per valorizzare i nostri adulti di domani”.

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