Un tempo il punk, in linea con il proprio spirito sotterraneo e alternativo, invadeva cantine e garage. Oggi, quarant'anni dopo l'album debutto dei Clash e Never Mind The Bollocks dei Sex Pistols, foto, fanzine, giornali e video del movimento che sconvolse il Regno Unito si accomoda nel placido e silenzioso mezzanino della Fondazione Ragghianti di Lucca. Il che sembra una contraddizione in termini, vista la portata accademica dello storico e critico d'arte toscano scomparso trent'anni fa, ma in fondo dopo l'intensa kermesse del 2015 con cui tutta la Londra dei musei lo ha celebrato, il punk è stato definitivamente accettato quale patrimonio della cultura contemporanea, fenomeno da analizzare e studiare come l'ultima avanguardia del XX secolo. «PunkDada Situation» (fino al 1 maggio) è una piccola e coraggiosa mostra curata da Alessandro Romanini, incentrata sui lavori di Jamie Reid e John Tiberi. Il primo è stato l'art director dei Sex Pistols, compagno di scuola di Malcolm McLaren al Croydon Art College, attivista, anarchico, con uno spiccato interesse verso l'immaginario dadaista. Sua l'immagine grafica del gruppo, a cominciare dalla celeberrima icona di Elisabetta II per il lancio del singolo God Save the Queen. Tiberi ha fotografato fin dagli anni '60 la controcultura britannica, quindi nell'era punk ha seguito in tournée diverse band, scattando soprattutto il backstage e la loro vita quotidiana. Tra gli shot più famosi, la lavorazione del film di Julien Temple The Great Rock and Roll Swindle, diversi concerti dei Clash e l'interpretazione di My Way da parte di Sid Vicious, ovvero il suo testamento.
Condividendo con la critica, in particolare con Greil Marcus, la teoria che il punk derivi proprio da Dada e Situazionismo, il curatore ha esposto materiali curiosi e inediti per avvalorare l'ipotesi di una ribellione colta, con profonde radici nel Beat, in Fluxus e in relazione alle esperienze coeve nell'arte, dai Nuovi Selvaggi tedeschi alla Bad Painting, una mostra sulla pittura cattiva inaugurata al New Museum nel 1978.
Questa idea sovversiva ma per niente ingenua passa attraverso il fenomeno dell'autoproduzione, principio ispiratosi al Warhol dei primi anni '60, ne sintetizza la filosofia; da allora chiunque può fare qualsiasi cosa senza per forza esserne capace. Il trionfo del dilettantismo fu dirompente e tutto ciò che c'era prima fu spazzato via in pochi mesi. Gli effetti, in qualche caso nefasti, sono arrivati fin qua.
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