Sono i pionieri dell'etologia di metà Novecento - Karl von Frish, Nikolaas Tinbergen e Konrad Lorenz - a sgombrare il campo da secoli di folclore e superstizione, favole raffiguranti gli animali come caricature dei difetti umani. I nuovi scienziati osservano, limitandosi a descrivere ciò che vedono. Rimuovono le proiezioni metaforiche accumulatesi nei secoli su molti animali. L'osservazione è un lavoro oggettivo che a von Frisch, Tinbergen e Lorenz, frutta nel '73 un premio Nobel condiviso, rispettivamente, per gli studi sulla «danza-linguaggio» delle api; sul corteggiamento nei pesci; sull'«imprinting» delle ochette, associato al primo oggetto in movimento che questi anseriformi vedono subito dopo la schiusa.
All'epoca, regola per gli scienziati è non attribuire esperienze mentali umane agli animali, ovvero non scivolare nell'antropomorfismo. Negli anni '70, l'osservazione - grazie alla quale era sorta l'ecologia - si trasforma però in una camicia di forza mentale. Lo studioso che osi interrogarsi sui sentimenti dell'animale, sulle sue emozioni, è immediatamente messo al bando, tacciato di eresia. Anche solo ipotizzare che altri animali oltre l'uomo possano sentire qualcosa è il sistema sicuro per affossare una carriera accademica. Tra gli altri, tocca pure a Jane Goodall, la più grande studiosa al mondo di scimpanzé, vedersi rifiutata la pubblicazione del suo lavoro perché ha osato individuare le sue scimmie con nomi di persona. A ben vedere, già nel 1942, Ortega y Gasset, in Sobre la caza, attribuisce ai cani proprio ciò che i comportamentisti classici in seguito negheranno, ovvero un linguaggio dotato di ricco «vocabolario» e «sottil grammatica». Per superare l'egemonia dell'impostazione teorica universalizzante di Peter Singer e Tom Regan, si deve attendere il 2002, con un altro autore spagnolo, il cattolico Raimond Gaita che, ne Il cane del filosofo, parla di cani come di «individui», «soggetti di vita che hanno un nome e un carattere».
È quanto fa adesso lo scienziato statunitense Carl Safina in Al di là delle parole (pagg. 687, euro 34, traduzione di Isabella C. Blum), che inaugura la collana «Animalia» dell'editore Adelphi. Safina, pur effettuando frequenti incursioni in tutto il regno animale, prende essenzialmente in esame tre specie: gli elefanti africani, i lupi e le orche marine. Per osservarle e cercarne di descrivere non solo i comportamenti, ma addirittura i sentimenti, l'autore è andato a vivere rispettivamente in una riserva africana; nel parco di Yellowstone e nel Pacifico nordoccidentale. In questi luoghi ha condiviso l'osservazione delle bestie allo stato naturale, con scienziati che allo scopo hanno dedicato la vita, scrutando da decenni e chiamando per nome, tutti i giorni, i membri degli stessi nuclei familiari nelle generazioni che si sono susseguite. Il risultato è un lavoro affascinante, pieno di domande più che di certezze, che rattrista per i danni dell'antropizzazione, sconvolge per la scoperta dei tratti evolutivi che ci legano agli altri animali e insinua ancora una volta il dubbio che non sia l'uomo la misura di tutte le cose.
Si scopre che l'organizzazione sociale dei lupi è simile alla nostra e che Hobbes non fece un complimento al canide con la massima «homo homini lupus»... Che le orche, in acquario, seguono un uomo con gli occhi mentre cammina dietro le tribune, dietro cinquecento persone. E spingono una barca a vela per gioco, dando solo un delicato colpetto a un kayak. Gli elefanti sono i migliori: vivente archivio di conoscenze per sopravvivere. Un elefante monta la guardia di notte a una donna smarrita nel bosco, dopo aver spezzato i rami per coprirla. Al mattino, un pastore la soccorre, liberandola dalla gabbia di rami. Azzardato pensare che l'animale sia stato mosso dalla compassione, coprendo la signora per proteggerla da iene e leopardi? Fanno pure «gli scemi», se gli aggrada: corrono barrendo senza apparente ragione, dinoccolati tra i cespugli, piroettando con la coda arricciata, tuffandosi in acqua facendo le onde e schizzando. Un giovane maschio si inginocchia di fronte all'autore, gli lancia ossa di zebra, cercando di convincerlo a giocare con lui. Straordinario come comunicano a decine di chilometri, con vocalizzazioni estese su dieci ottave, in un intervallo compreso tra gli 8 e i 10mila hertz.
L'ultima elefantessa di Knysna, trasportata in Sud Africa, sta sul bordo dell'oceano, fonte di infrasuoni più vicina e potente, perché nella foresta non ha nessuno con cui parlare, e «discorre» con una
balenottera. Parlano con gli infrasuoni, accomunate dal grande cervello e dalla lunga vita. Entrambe evocano tragicamente l'idea di creature vecchie e solitarie. Immagine struggente perfetta sintesi di questo magnifico volume.
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