Da questa mattina, il feretro di Franco Zeffirelli sarà nella camera ardente allestita nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze: la città dove il regista e scenografo nacque 96 anni fa. La salma ha così lasciato la casa romana dove ieri si è recato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per rendere omaggio al Maestro, intrattenendosi brevemente con i familiari. Domani (ore 11), i funerali nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, giorno in cui il sindaco Dario Nardella ha proclamato il lutto cittadino. È cosa rara che i battenti del Duomo si aprano a un laico. L'ultima volta fu 15 anni fa, per le esequie di Mario Luzi. Zeffirelli riposerà nella cappella di famiglia del cimitero delle Porte Sante, accanto alla Basilica di San Miniato al Monte, a un soffio dalla Fondazione voluta dal Maestro, e a lui intitolata. È un centro per le arti dello spettacolo che fa formazione e rende fruibile il patrimonio artistico accumulato in 70 anni di attività: nel fondo sono confluiti i bozzetti, gli studi per gli allestimenti teatrali e cinematografici, note di regia, foto di scena, e rassegne stampa. Un archivio che aiuta a capire perché Zeffirelli è icona dell'opera, sorta di brand italiano esportato internazionalmente.
Quando il sultano dell'Oman volle costruire il primo teatro d'opera del Medioriente, ovviamente teatro da Mille e una Notte di straordinaria bellezza, volle il sigillo di un regista italiano. Era il 2011, Zeffirelli aveva 88 anni, del deserto omanita non ne voleva sapere. Ma il gran sultano insistette, mandò l'areo privato e mise a disposizione del Maestro e di Placido Domingo una super-suite allo Chedi di Muscat. E Turandot fu.
I media di tutto il mondo stanno ricordando la figura di Zeffirelli. I giornali newyorchesi parlano di produzioni storiche «intoccabili». Per quanto i critici chiedano novità, il pubblico le reclama. Il classico dei classici zeffirelliani è Bohème, titolo che il Metropolitan di New York - per esempio - riproporrà in autunno. Premesso che non c'è teatro d'opera comparabile al Metropolitan per visibilità e bilancio, Zeffirelli sviluppò un rapporto speciale con l'ente della Grande Mela.
Tutto ebbe inizio nel 1964 con Falstaff di Verdi. Nel 2002, quando chiesero al sovrintendente del Met, John Volpe, perché insisteva nel riproporre quel Falstaff, rispose: «Non vogliamo fare qualcosa di meglio. Questo è il meglio».
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