Mahmood al Bataclan. "Che gioia suonare qui. Lavorerò a Los Angeles"

Il tour europeo si apre nel locale martoriato dall'Isis. "Eurovision? Farei vincere l'Ucraina"

Mahmood al Bataclan. "Che gioia suonare qui. Lavorerò a Los Angeles"

Già, «la musica deve unire, non dividere». Qui tutto è praticamente uguale, il palco è uguale, le poltroncine pure, anche le scale che portano sulla galleria davanti sopra la platea. Non fosse per l'insegna esterna e per quei fori di proiettile simbolicamente lasciati su alcune pareti, enormi, dolorosi, criminali, il Bataclan è rimasto lo stesso piccolo club nel quale sette anni fa i terroristi dell'Isis hanno lasciato 90 morti durante il concerto degli Eagles of Death Metal. Ecco perché Mahmmod su quel palcoscenico ha detto che «la musica deve unire, non dividere».

Boulevard Voltaire, XI arrondissment, sabato sera. Questo artista italiano meticoloso e ispirato ha aperto il suo breve tour europeo con un concerto da tutto esaurito (1694 persone, per l'esattezza, tra italiani, francesi e spagnoli) mostrando che la vera credibilità musicale si conferma sul palco, dando nuova vita al repertorio e aggiungendoci di volta in volta le nuove canzoni. Stasera è ad Anversa, domani ad Amsterdam e via così. Una band essenziale, due coristi che a turno diventano deuteragonisti durante lo show, uno schermo verticale a rimandare immagini simboliche. «A livello musicale la strage del Bataclan è probabilmente la cosa più spaventosa mai accaduta, quando sono entrato l'ansia mi ha bloccato» ha detto Mahmood dopo il concerto in un piccolo locale a pochi isolati dal Bataclan ricordando l'emozione straziata di quando ha visto per la prima volta quei muri feriti.

E c'è stata molta tensione «simpatetica» (la greca «sunpazeia» è condivisione di sofferenza) in tutto il concerto, da Dei passando per Ghettolimpo, Baci dalla Tunisia, la chitarra rabbiosa di Icaro è libero, la scatenata Barrio fino a Brividi e Soldi, con la platea che cantava a memoria i ritornelli e una complicità trasnazionale che è difficile da raggiungere per un artista italiano che si esibisce all'estero. A parte poche eccezioni, quasi tutti i nostri artisti raccolgono soprattutto italiani fuori dall'Italia. Mahmood no. «La mia collega canadese ascolta le sue canzoni tutto il giorno», dice una ragazza fuori dal Bataclan. E qui al centro della galleria, una signora non più giovanissima ha cantato tutti i brani a memoria, quasi fosse un rito tribale di condivisione del pop. «Anche Christian Louboutin mi ha mandato un messaggio empatico», dice Mahmood.

In effetti questo celebre stilista delle «scarpe con la suola rossa» sabato sera seduto da solo davanti al palco, aveva confermato l'ingresso settimane fa ed è quindi uno dei tanti creatori di moda che sono attirati dal mondo intimo ma trasversale di Mahmood e dalla modernità di alcune sue soluzioni musicali. Va oltre l'hip hop e l'urban, lui sempre così timido, e costruisce un dizionario musicale che può essere tradotto in mezzo mondo. È accaduto con Soldi, che ha vinto Sanremo nel 2019, si è piazzato secondo all'Eurovision Song Contest di Tel Aviv e ora è la chiusura dei suoi concerti, l'arrivederci al pubblico con quel battito di mani che che è ritmico ma pure simbolico.

Tra pochi giorni Mahmood torna all'Eurovision di Torino con un altra canzone, Brividi, e con un partner, il sorprendente Blanco. «Pensavo non ci sarei mai più tornato», dice ricordando che l'ormai celebre «bici di diamanti» del testo di Brividi se l'è immaginata durante l'estate in Sardegna: «Ma è stato un brano costruito pezzo per pezzo, con tanti esperimenti e tentativi diversi, avrebbe persino dovuto essere più veloce». Adesso sulla griglia di partenza dell'Eurovision lui e Blanco si trovano non soltanto i concorrenti europei tranne la Russia, ma pure Achille Lauro che gioca con i colori di San Marino. Prima di parlarne, però, Mahmood dice di getto la cosa più bella: «Se potesse aiutare a risolvere questa guerra, io stesso rinuncerei a ogni speranza di vittoria e farei vincere i concorrenti ucraini». In ogni caso, in finale Brividi potrebbe vedersela con «il mio cuore è un freezer» che Achille Lauro canta in Stripper.

Se passa la semifinale, Lauro potrebbe raccogliere i voti italiani che, da regolamento, non possono andare a Brividi. «L'unica cosa che mi farebbe un po' strano è pensare di stare contro il mio paese», riflette Mahmood più rilassato dopo aver finito il concerto al Bataclan: «Però senza dubbio lui ci avrà riflettuto e avrà fatto la scelta giusta». Vedremo. Intanto dopo l'Eurovision ci saranno ancora concerti e poi una trasferta a Los Angeles, dove Mahmood ha già scritto «tanta musica» e tornerà a collaborare con produttori di primissimo piano.

Un altro passo in avanti per questo ragazzo neanche trentenne che fino a pochi anni fa faceva il barista in centro a Milano e adesso ha una credibilità musicale da poter spendere anche fuori dall'Italia, magari con la stessa carica emotiva spoglia e sincera dell'altra sera su uno dei palchi più dolorosi di sempre.

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