Cultura e Spettacoli

"Montalbano" non vuol morire E Zingaretti si sdoppia in regia

Due nuovi episodi orfani di Camilleri e di Sironi. L'attore: «Ho rispettato lo stile e aggiunto un po' di malinconia»

"Montalbano" non vuol morire E Zingaretti si sdoppia in regia

Montalbano ultimo capitolo. O quasi. Il fatale addio ravvicinato di Andrea Camilleri e Alberto Sironi (rispettivamente padre letterario e regista televisivo del commissario più amato d'Italia) rende infatti imminente, e forse definitivo, il calar del sipario sulla più che ventennale saga dell'eroe di Vigata. Alla vigilia della messa in onda dei due ultimi episodi tv - Salvo amato, Livia mia, tratto da due racconti, e La rete di protezione, dall'omonimo romanzo, su Raiuno il 9 e 16 marzo, ma prima passeranno al cinema dal 24 al 26 febbraio - l'attore protagonista di un'avventura praticamente unica, nel panorama dell'editoria e della fiction nazionali (quasi 16 milioni di copie vendute in più di 40 Paesi, 36 film replicati 147 volte per - solo in Italia - un miliardo e 179.869 spettatori) ammette sospirando: «Voglio riflettere e vedere se è il caso, o meno, di finirla qua».

A Luca Zingaretti, che a riprese già avviate ha dovuto sostituire Sironi nella regia di Salvo Amato, Livia mia, per poi firmare totalmente quella di La rete di protezione, si presenta infatti l'eventualità di due ultimi, estremi bis: «Si sa che nella cassaforte della Sellerio c'è un ultimo romanzo di Camilleri, da pubblicarsi postumo. E poi rimane anche quello uscito la primavera scorsa, Il cuoco dell'Alcione, non ancora trasposto in fiction». Anche Carlo Degli Esposti, produttore che ha fatto di un caso letterario un'icona mediatica, per ora si stringe nelle spalle. «Se continueremo comunque, magari con soggetti originali o con altri interpreti? Non faccio mai programmi. Di una cosa sola sono certo: Montalbano sarà eterno». Per ora resta l'impossibilità di ripetere l'abbinamento - artisticamente azzeccato, e commercialmente infallibile - che a ogni nuovo romanzo di Camilleri faceva seguire una fiction con Zingaretti, in modo che il successo dell'uno trainasse quello dell'altra. E viceversa. «Quante volte - riflette l'attore - usciamo delusi dal cinema in cui abbiamo visto il film tratto da un libro amatissimo? E quante, più rare volte ne usciamo invece felici, perché in quel film abbiamo ritrovato l'anima dello scritto? Ecco: se nel Montalbano tv si ritrovava l'anima di Camilleri, questo era dovuto soprattutto al lavoro di Sironi».

Un regista capacissimo, quell'anima, anche di tradirla, secondo le migliori leggi delle trasposizioni letterarie: «Tra i due Montalbano - osserva Zingaretti - non c'è una consequenzialità inevitabile. Ad esempio a me Camilleri non ha mai detto, come Simenon disse a Gino Cervi, con evidente fastidio, Ormai scrivendo Maigret davanti agli occhi ho te. Il fastidio, al contrario, Camilleri lo ebbe quando vide che ero fisicamente all'opposto del tipaccio moro e baffuto che aveva in mente lui scrivendo; uno tipo Pietro Germi in Un maledetto imbroglio. Inoltre era giustamente molto geloso della propria scrittura; mai avrebbe voluto che il successo televisivo, sia pure planetario, sottraesse identità alla sua creatura di carta». E in effetti nell'autore siciliano i due piani non si sono mai confusi: «Le fiction di Montalbano - confessò in un'intervista tv - le guardo con distacco. Non ne sono quasi più l'autore perché il linguaggio televisivo è completamente diverso da quello letterario. E così me lo godo come uno spettatore qualsiasi. Arrivando anche a perdonare i difetti del personaggio che, da scrittore, forse non perdonerei».

È umanamente denso di coinvolgimenti emotivi, il lavoro del regista sostituto: «È stata un'esperienza bella quanto dolorosa - ammette Zingaretti -. Ovviamente non ho fatto la mia regia: dovevo solo rispettare lo stile che costituiva la garanzia del prodotto. Così non c'è stato giorno in cui non mi chiedessi cosa ne avrebbero detto Andrea o Alberto. Di mio ho messo un po' di malinconica dolcezza. La stessa con cui, nei giorni in cui Camilleri era scomparso, e Sironi già si sentiva poco bene, ho accettato di prendere il timone». Sorride, pensando a quando l'avventura cominciò, più di vent'anni fa. «Camilleri era stato mio insegnante all'Accademia. Quando uscì il primo Montalbano lo comperai come si compera il libro di un amico: per dargli una mano. Ma una volta letto esclamai: Questa è una fiction perfetta!. Volevo comprare i diritti, Solo che ero sconosciuto, e non avevo una lira.

Mai avrei immaginato che Montalbano mi avrebbe ugualmente cambiato la vita».

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