Cultura e Spettacoli

Tra morte ed euforia ma che brava la Golino

di Valeria Golino con Valeria Mastandrea, Riccardo Scamarcio, Isabella Ferrari

Scamarcio veste i panni di Matteo, un imprenditore di successo, benestante, esuberante, euforico (e non solo per la droga che sniffa), omosessuale dichiarato, con sempre tanta voglia di fare. L'opposto del fratello Ettore (Mastandrea) che, invece, è uno prudente, timoroso del giudizio altrui, schivo. Il risultato è una vita dignitosa, ma modesta. Due persone, quindi, molto lontane tra loro che, però, per uno scherzo macabro del destino, sono costrette a camminare insieme. Ettore, infatti, che dopo la separazione (da Isabella Ferrari) è tornato a vivere con la madre, ha dei disturbi alla testa. Matteo scopre che, in realtà, il fratello ha un tumore maligno, ma non si sente di raccontargli la verità. Così, quasi per proteggerlo, lo ospita nella sua lussuosa abitazione, proiettandolo nella sua vita all'eccesso. Lo «ricopre» di vitalità, in fondo, per nascondere la propria inadeguatezza nell'affrontare una simile tragedia. La convivenza e la malattia sapranno riavvicinare i due consanguinei, tra fragilità e euforia, prima del fatale destino?

Euforia, diretto molto bene da Valeria Golino, è tante anime in un solo film. Si parla di malattia, di morte, di famiglia, di paura, di separazione, di vita umana caduca, di incapacità a fronteggiare il dolore davanti alla ineluttabilità della morte. Che, a ben pensare, era presente in maniera considerevole anche nell'opera prima della Golino, quel Miele (il tema del suicidio assistito) che sembra la prima parte di una tematica molto più ampia riguardante «la regina delle nostre paure», come l'ha definita la stessa regista. La pellicola funziona, e bene, grazie alla perfetta sinergia tra Scamarcio e Mastandrea. Il primo capace di rappresentare al meglio la parabola di un uomo convinto di poter risolvere tutto con la sua affabilità e che si deve, invece, scontrare con l'impotenza. Il secondo nel tratteggiare il percorso di formazione di un malato terminale che preferisce far finta di non vedere i segnali. Tra ironia, umorismo e delicatezza.

Insomma, una bella pagina di cinema italiano.

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