Morto Weiland, voce maledetta del grunge

La rockstar (ex Stone Temple Pilots) stroncata probabilmente da una overdose a 48 anni

C'era qualcosa di già scritto nel destino di Scott Weiland, uno dei cantanti simbolo della generazione grunge. Nella voce. Nello sguardo. Nella parabola. L'altra sera l'hanno trovato morto nel Minnesota sul pullman che portava lui e i suoi The Wildabouts a un concerto in un piccolo club. Era una star, Weiland. Una delle più grandi dell'ondata grunge che a inizio anni Novanta spazzò via l'hard rock capellone, il cosiddetto hair metal alla Poison, per imporre un nuovo abbecedario musicale, basato su partiture figlie di Black Sabbath e Neil Young, e un linguaggio testuale nuovo, molto triste e introspettivo, scarno e privo di speranze. Gli Stone Temple Pilots erano di San Diego, California, si sono formati nel 1990 e con il debutto Core hanno piazzato otto milioni di copie soltanto negli States. E con tutti i meriti, visto che era un gran disco ben equilibrato tra chitarre aggressive e arrangiamenti scarni e autunnali. Allora, insieme con Nirvana, Soundgarden ed Alice in Chains (e solo in parte i Pearl Jam) erano gli eroi di quella ventata che - come fece il punk con il progressive nella seconda metà dei Settanta - spazzò via le architetture musicali ormai sempre più pericolanti del rock. In pochi mesi diventeranno, e anche Scott Weiland di Santa Cruz lo diventò - autentici punti di riferimento per tantissimi fan, che si vestivano come loro, parlavano come loro, pensavano come loro. Nel frattempo lui mise le radici nell'alcolismo e poi nella droga, quella pesante. Tanto gli Stone Temple Pilots scivolavano verso l'anonimato, tanto Scott Weiland aumentava le dosi finché nel 2001, dopo il modestissimo Shangri-La Dee Da, gli Stone Temple Pilots disdirono l'abbonamento con gli ascoltatori. Scott, il tenero visionario Scott, era in balia delle droghe e per colpa loro fu obbligato a mollare anche i Velvet Revolver, la band di Slash e Duff McKagan dei Guns N' Roses che prometteva di diventare la nuova rivelazione. Anno 2008. L'alcol e la droga lo avevano ridotto ormai a un manichino insensibile.

Il cantante che era, venato di malinconia e potente nella voce, si era trasformato in un fantasma costretto a girare i piccoli locali con una pseudo band per raccattare «qualche spicciolo». È morto riverso su di un sedile dentro un pullman anonimo, crepuscolo triste, forse anche un po' squallido, di una rockstar che aveva l'autunno scritto nel destino.

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