Cultura e Spettacoli

"Mrs Maisel", una ribelle a colpi di sketch

Torna la serie anni '50 con Rachel Brosnahan: «Così ho imparato a farvi ridere»

"Mrs Maisel", una ribelle a colpi di sketch

Si chiama Midge ed è una brava moglie nella New York degli anni '50. O meglio, Midge Maisel era una brava moglie, sino a che non ha scoperto di avere un cattivo marito. Un marito che oltre a essere un comico frustrato è anche un fedifrago di bassa lega: ha una relazione con una segretaria che manco sa temperare le matite. E che fa allora Midge, dopo qualche bicchiere di troppo, esce di casa, entra in un localaccio e sale su un palco per fare uno stand up. E questa volta sì che ridono tutti. A star is born? Non ancora, Midge avrà i suoi guai. Ma di sicuro è nata una serie di culto, The Marvelous Mrs. Maisel, che ha fatto incetta di nomination agli Emmy e la cui seconda stagione è stata presentata, ieri, in anteprima europea a Milano (la seconda stagione sarà, da domani, disponibile su Prime Video).

Per far funzionare una serie tutta sulla comicità ci vuole qualcuno capace di lanciare battute a raffica come se fosse davvero sul palco... Non facile. Ecco perché, riuscendoci, Rachel Brosnahan ha vinto un Emmy come migliore attrice protagonista. La Brosnahan non è un'attrice comica però, come dice a il Giornale: «Appena ho visto il copione mi è piaciuto, parlava molto di donne e del ruolo delle donne, ma mai in modo banale, e mi è piaciuto subito». Tanto da andare al provino anche con la febbre e stracciare tutti: «La stand up comedy richiede di parlare a raffica? Io su quello ho un talento naturale. Poi ovviamente ho studiato una serie di spettacoli comici veri per riuscire a farlo al meglio. Riuscirei davvero a farlo davanti a un pubblico in una sala piena di gente che può ridere o gelarti col suo silenzio? Non credo... Però mi viene bene davanti alle telecamere». Del resto dal vivo è bellissima, minuta, quasi timida, sempre lontanissima dal personaggio, o meglio dalla Midge sul palco, un po' meno da quella pre tradimento.

Il cuore della serie è proprio il suo personaggio, che ovviamente essendo una donna che deve farsi largo in un mondo di uomini, nel pieno degli anni '50, e per di più con una professione non proprio da educanda, ha una forte carica di critica sociale. Siamo però ad anni luce di distanza da descrizioni cupe e neorealistiche (ma patinatissime) di emancipazione stile L'amica geniale. Tutto è molto leggero e poco ideologico. «Midge, il mio personaggio, è una femminista? Direi di no... È una donna che si vede crollare il mondo addosso e decide di cambiare e di reagire... È molto centrata su se stessa e sulla sua realizzazione personale, anche se ha un milione di dubbi. Non ha sviluppato un'idea di diritti collettivi delle donne. Forse la svilupperà nel tempo». Ed è questo a rendere interessante il personaggio, cresce, cambia e non risponde ad un canone precostituito. Ed è un personaggio che ha anche i suoi spigoli. Nella serie non fa sempre la figura della buona madre: «Sì nella serie ci abbiamo giocato, una volta si dimentica in giro i bambini... Di fondo però è una buona madre. Però è buffo, su un personaggio maschile il suo essere molto proiettata sul successo personale darebbe meno fastidio... In quante interviste mi hanno chiesto se il successo mi ha cambiato la vita privata? Agli uomini non lo si chiede...». E pum, su questo tema di colpo la Brosnahan pigia l'acceleratore, e mentre parla e gesticola è quasi Midge.

Insomma l'alchimia di questa serie molto fuori dal coro, che gioca col tema dell'affermazione femminile, sull'umorismo ebraico, sul musical mischiato a dialoghi da angiporto funziona anche nella seconda stagione, e rinnova il canovaccio anche con una incursione europea a Parigi (non possiamo dirvi di più, spoiler vietati). Su come nasca questa strana formula i più titolati a spiegare sono i due produttori Amy Sherman Palladino e Daniel Palladino: «Per tenere assieme dei registri così diversi servono dei bravissimi attori. Li abbiamo. Volevamo una cosa ambientata negli anni '50 perché è stato un fortissimo momento di cambiamento. Una donna che facesse la comica in quegli anni sarebbe stata davvero dirompente, siamo partiti da quello...». Poi in particolare per Amy c'è anche un po' di autobiografia: «Mio padre era patito di spettacoli comici. Mi raccontava sempre l'ambiente dei locali, il buio, il microfono...

mi è sempre rimasto impresso».

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