Napoleone, generale di un esercito di libri

L'imperatore fu collezionista, lettore onnivoro, editore mancato, critico...

Luigi MascheroniPiù che un bibliofilo, era un collezionista. Più che uno studioso specializzato, un lettore onnivoro. Più che uno scrittore, un uomo che credeva nella scrittura. Di certo la passione di Napoleone Bonaparte per la lettura e per i libri - che si manifestò prima dell'interesse per l'arte della guerra e la politica - era immensa. Fu un lettore smodato, un accumulatore seriale di volumi, un «costruttore» di biblioteche (ne fece allestire una in ognuna delle sue residenze private: nelle librerie di Compiegne, Saint-Cloud, Fontainebleau, Trianon e delle Tuileries mise insieme 60mila volumi, mentre all'Elba, pur se in esilio, ne raccolse 2.378), uno che da giovane provò a dedicarsi all'export di libri (ma cambiò idea quando la spedizione di una cassa di volumi a Basilea non andò a buon fine), fu un prolifico autore di aforismi e l'autore del primo bestseller dell'età moderna: Mémorial de Sainte-Hélène (prima edizione 1822-23), vero livre de chevet della borghesia europea per alcune generazioni...Napoleone e i libri è un bel titolo (Henry Beyle, pagg. 40, euro 20). È di Ernesto Ferrero, sabaudo, napoleonico e uomo di editoria che allo studio della vita dell'Imperatore e alla diffusione dei libri ha dedicato l'esistenza. E in effetti, ce ne sono di cose da raccontare in materia.

Ad esempio? Che il generale: 1) aveva idee molto chiare in campo editoriale: sulle orme di Aldo Manuzio, pensava di pubblicare una serie di edizioni commentate degli autori classici, a cominciare da Strabone, ma poi trovò altro da fare nella vita; 2) era un amante dei libri molto ordinato ed elegante: tutti i suoi volumi erano contrassegnati da un timbro ovale con al centro l'aquila imperiale circondata dalla scritta Cabinet de l'Empereur; 3) si può considerare il fondatore della comunicazione moderna («L'opinione pubblica è tutto», diceva), tanto che trasformò il Moniteur in un foglio di regime esemplare; 4) era un lettore curioso e vario (divorava trattati di tecnica militare, memorie di grandi del passato, manuali tecnici - perché vedeva sempre nei libri prima di tutto uno strumento di lavoro - oltre che libri di filosofia e letteratura) ma anche acuto e disinteressato, tanto che Ferrero fa notare quanto fosse portato alla critica letteraria: a Sant'Elena vergò un luminoso elogio dell'Iliade, strapazzò il Voltaire drammaturgo, fu il primo a dire che la storiografia è sempre quella scritta dai vincitori; 5) soprattutto - ecco uno straordinario punto a suo favore - disprezzava i «letterati». Narcisi, incompetenti, confusi e leccazzampe (era il primo a ridere degli eccessi dei suoi agiografi): «Ah, que les gens de lettres sont bêtes!» lasciò scritto.

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