Nelle sale arriva "Turner"

Il biopic sul celebre pittore è uno studio di carattere ricchissimo di dettagli e cesellato con maestria. Peccato per la lunghezza eccessiva

Nelle sale arriva "Turner"

Mike Leight ha dedicato molti anni alla preparazione di "Turner", film che ripercorre la parte finale della vita del famoso pittore inglese e che ritrae in particolar modo l'uomo più che l'artista. Nonostante il budget contenuto, siamo di fronte ad un'opera dalla messa in scena affascinante perché meticolosa e storicamente ineccepibile, capace di regalare allo spettatore la vivida impressione di essere parte della quotidianità del protagonista, ancorché in un'altra epoca. Il film inizia nel 1826, con Turner (Timothy Spall) che ha appena superato la mezz'età ed è già conosciuto come il "pittore della luce" grazie agli splendidi paesaggi dei suoi quadri. Vive a Londra con la governante, Hannah (Dorothy Atkinson), di cui gli capita talvolta di abusare sessualmente, e con l'anziano padre, William Senior (Paul Jesson), che gli fa da assistente approvvigionandolo di colori e tele. Viaggia molto per esporre le sue opere e per ammirare dal vivo luoghi da tradurre poi in pittura. Alla morte del genitore, trova in un'accogliente vedova, (Marion Bailey), l'ultimo importante affetto della sua vita. "Turner" è un biopic che ha nell'aderenza alla realtà il suo credo e nella cura maniacale dei dettagli la sua forza.

Lungi dal celebrare il mito del suo protagonista, preferisce rivelarne la personalità e tratti intimi, anche sgradevoli, attraverso quello che è uno studio di carattere incredibilmente particolareggiato e ricco di sfumature. Timothy Spall, che per questa interpretazione ha imparato a dipingere ed è stato premiato a Cannes, non si risparmia e ci restituisce un Turner dai modi animaleschi, un pessimo padre e che ha con le donne un rapporto difficile e controverso. Un individuo ripugnante sotto molti punti di vista ma anche capace di rivelare la propria natura romantica alla persona con cui sceglie di trascorrere gli ultimi anni della sua vita. C'è in lui, nascosta da qualche parte, forse sotto al repertorio di grugniti, una dolcezza quasi lirica che è la stessa che troviamo nei suoi quadri e nei grandi spazi aperti che ama frequentare, luoghi la cui straordinaria bellezza nel film è magistralmente catturata dal direttore della fotografia Dick Pope.

In questo maestoso affresco il regista non manca di dedicare pennellate al mondo dell’arte ufficiale, ai pittori contemporanei e al progresso che incombe all'orizzonte. Oltre a regalare piacere visivo, la pellicola è anche sporadicamente divertente, il che non guasta considerata la sua durata impegnativa e forse eccessiva.

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