È stata, con ogni probabilità, la peggior edizione degli Oscar. E non solo per la scena da bullo di strada di Will Smith contro l'infelice battuta del (presunto) comico Chris Rock o per l'Italia rimasta a mani vuote, a partire dal nostro Sorrentino, ingiustamente sconfitto dal pomposo (e noioso) Drive my car. A spedirla di diritto sul gradino più alto del podio per la più brutta notte delle stelle è stata la vittoria assegnata, come miglior film (e non solo) a Coda - I segni del cuore. Un titolo, per carità, carino, ma giusto per una visione distratta, da domenica pomeriggio, sgranocchiando popcorn (dal 31 marzo torna nelle sale), oltretutto remake non esaltante di un film francese, La famiglia Blier, quello sì meglio riuscito. Diciamo che Hollywood sente sempre più il peso di doversi far perdonare (presunti) torti fatti nel passato e ora è incapace di prendere decisioni razionali, regalando statuette a destra e a manca, non perché meritate, ma nel rispetto del perfetto manuale Cencelli del politicamente corretto. Sancendo ufficialmente il trionfo della mediocrità.
Coda è l'acronimo di Children of deaf adults (Figli di adulti sordi) e così, questa volta, ha vinto la storia di una famiglia di sordomuti, con l'eccezione della figlia sedicenne che vuole studiare canto. Un trionfo difficilmente spiegabile per il suo valore artistico. Eppure, non contenti del premio, già fuori da ogni logica, del miglior film, gli hanno assegnato anche quello di miglior sceneggiatura non originale (alla regista Sian Heider, ma è in tutto simile a quella francese) e l'Oscar, a Troy Kostur (per il non protagonista), primo attore sordo a vincere la statuetta più ambita, trentacinque anni dopo la statuetta consegnata a Marlee Maltin, che fu la prima attrice non udente a vincere, per Figli di un Dio minore. Almeno, su questo premio non bisogna gridare allo scandalo, con tutta la sala in piedi che ha alzato le mani nell'applauso da non udente.
Probabilmente, Coda ha sfruttato un regolamento assurdo che obbliga i votanti a fare una classifica dei film candidati, dal migliore al peggiore. Da qualche anno, infatti, si vota con il sistema preferenziale che finisce per premiare titoli che finiscono costantemente tra i primi posti in molte di queste graduatorie. E, secondo un meccanismo astruso, a ritrovarsi incredibilmente vincitore, come è probabilmente capitato al non divisivo Coda. Per la gioia di Apple, distributore del film, che ha sconfitto i giganti dello streaming come Netflix e Amazon Prime Video.
Con tanti saluti alla super favorita Jane Campion e alle dodici beffarde Nomination per Il potere del cane. Le hanno dato un solo Oscar, quello per la regia (terza donna a vincerlo), che sa di risarcimento, ma fino a un certo punto, visto che il film non era certamente il suo migliore. Con Netflix che si stava fregando le mani, ma che esce dalla serata con le pive nel sacco. Oltre a Coda, l'altro trionfatore della nottata è stato Dune, con ben sei statuette, tutte tecniche, lasciando a bocca asciutta la Marvel. Resta il mistero, però, di come abbiano potuto dimenticarsi, per la regia, di Villeneuve, che aveva confezionato un signor film, ma, evidentemente, non abbastanza inclusivo per i gusti dei giurati.
Per il resto, è andato tutto come da copione. L'imbarazzato Will Smith ha vinto meritatamente come miglior attore per Una famiglia vincente, in cui interpreta Richard Williams, il papà delle sorelle tenniste Serena e Venus. Jessica Chastain è stata la miglior attrice grazie al non eccelso Gli occhi di Tammy Faye (film che ha vinto anche come miglior trucco). Nel lungometraggio, veste i panni dell'omonima telepredicatrice evangelica degli anni '70, icona della comunità Lgbt. Su Ariana de Bose, la prima donna di colore apertamente omosessuale, miglior non protagonista per West Side Story (Spielberg, altro grande sconfitto della serata), non si accettavano scommesse. Trionfando nel ruolo di Anita ed è la prima volta che due attrici (Rita Moreno nel 1962) vincono un Oscar per la stessa parte.
Che per il nostro Paolo Sorrentino non ci fossero molte speranze, non erano soltanto i bookmaker a dirlo. Troppo pompato il giapponese Drive My Car, di Ryusuke Hamaguchi, per non finire premiato come miglior film straniero, considerando anche le Nomination più importanti in cui era presente. Male è andata anche agli altri italiani in gara, ovvero Massimo Cantini Parrini per i costumi di Cyrano (ha vinto Jenny Beavan di Crudelia) ed Enrico Casarosa per Luca. Quest'ultimo è stato battuto dal super favorito film d'animazione Encanto, come da facile pronostico. E, a proposito di film autobiografici, quello in bianco e nero di Kenneth Branagh, ovvero Belfast, ha vinto l'Oscar come miglior sceneggiatura. Magra consolazione anche per lui.
Si attendeva il collegamento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ma la guerra ha trovato giusto lo spazio di un minuto di silenzio e dei nastrini azzurro-gialli indossati dalle star. Alla faccia della dichiarazione di Sean Penn, il quale alla vigilia aveva minacciato di fondere in diretta le sue due statuette se Zelensky non fosse intervenuto.
Nell'In Memoriam ha trovato posto un ricordo per la grande Lina Wertmuller, mentre a Robert De Niro e Al Pacino, invitati con Francis Ford Coppola per festeggiare i cinquant'anni del Padrino, non hanno fatto dire una parola. Così è se vi pare.
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