Il film che ti cambia la vita esiste. Tom Cruise l'ha sperimentato di persona, girando tra mille tormenti l'ultimo film di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut , insieme alla moglie di allora, Nicole Kidman. Finora, sui due «cuori ribelli» di Hollywood che nel 1996 arrivano a Londra per starci sei mesi e si fermano due anni sul set, tiranneggiati da Kubrick, il perfezionista mai contento; costretti a spiarsi dentro, a lacerarsi l'un l'altra per rendere verosimile una cupa storia di sesso e infedeltà così vicina alla loro, giravano molte chiacchiere. Ma adesso quella travagliata parentesi personale e professionale, finita nel divorzio tra Nic e Tom, divisi nel 2001 dopo 11 anni di matrimonio, mostra contorni precisi nell'interessante biografia Tom Cruise: Anatomy of an Actor , della giornalista americana Amy Nicholson (Cahiers du Cinéma/Phaidon Press,192 pp., 300 foto a colori, 34,33 dollari), oggi in uscita. Dove uno degli ultimi divi globali, che ha orientato sui blockbuster una solida carriera - da La guerra dei mondi (2005) di Spielberg alla serie Mission Impossible (1996, 2000, 2006, 2011) al film che lo lanciò nel 1986, Top Gun - appare uno straordinario interprete di fascia alta e di lungo corso alterno, capace di passare con classe intonsa dall'intrattenimento pop-corn ai drammi sci-fi, allarmanti come l'ultimo, The Edge of Tomorrow . Una storia dark, dove lui muore e si rigenera di continuo proprio come gli accade nella vita. Avrebbe schiantato un toro tutto quello che Kubrick ha fatto passare, a lui e alla Kidman, durante riprese da Guinness dei primati. «Mentre noi poveri bastardi giravamo in 16 settimane, Stanley poteva mettercene 45», commentava il regista Sidney Pollack, nel cast di Eyes Wide Shut . Leggendario per il suo perfezionismo, l'autore di Shining non lesinava in esperimenti sadici. Invece di dire chiaramente cosa volesse dagli attori, lasciava che esplorassero da soli i propri lati oscuri. Li portava al collasso, per poi piazzarli, esausti, davanti alla cinepresa: fu così che Tom passò attraverso una porta per 55 volte e Nicole provò una cinquantina di pose erotiche con un modello, dovendo poi tacere al marito che cosa avessero girato per davvero.
Già, perché i due giravano separatamente, né potevano rivedere il «girato». «Certe volte la situazione era da vaffanculo. Una volta parlai con Stanley e gli dissi: Guarda, non m'importa quanto durerà il film, però devo saperlo: tra sei mesi, avremo finito?, ricorda Cruise, che dormiva con la moglie nella camera da letto allestita per la coppia sul set. In una inquietante commistione di finzione e realtà, spinti laddove non capirono più nulla di se stessi e del loro matrimonio, Tom e Nic avevano scelto il colore delle tende e messo il comodino nella stessa posizione della loro casa di Los Angeles. Tutto calcolato da Kubrick, che aveva tenuto lo stesso comportamento con Jack Nicholson e Shelley Duvall, durante le riprese di Shining . E infatti la Duvall ebbe un esaurimento nervoso. Ma le cose peggiori erano le confessioni separate, con la Kidman e Cruise a spiattellare a Kubrick, in vicendevole segreto, le proprie paure riguardo a matrimonio e tradimento. Quindi Cruise, perfezionista a sua volta, s'aggrappò alla tecnica del teatro kabuki, dove conta la percezione emotiva. Risultato? Perdite secche sul fronte sentimentale e finanziario. «Non mi piaceva essere Bill. Ma mi sarei preso a schiaffi, se non l'avessi interpretato», ammette Tom. Come la Cabiria di Fellini, però, lui cade e si rialza.
Quando, nel 2005, si mise a saltare sul divano bianco di Oprah Winfrey, urlando il suo amore per Katie Holmes (sua moglie dal 2006 al 2012, matrimonio da favola a Bracciano), fu chiaro che il suo equilibrio mentale era compromesso, osserva la Nicholson. Troppa devozione a Scientology, la setta che lui sostiene con generose donazioni e che pilota i suoi matrimoni e i suoi divorzi, dopo averlo guarito dalla dislessia? Sulla neonata YouTube, però, il video di quegli zompi mattocchi diventò virale, danneggiando l'immagine del bravo Jerry Maguire, mollato dalla Paramount per quel «suicidio creativo», dicendola col boss Sumner Rebner, per 14 anni partner produttivo di Tom. Eppure, il box-office testimonia che questo cinquantaduenne di Syracuse (NY) resta in testa, schizzato o no.
E non molla: per controllare i media, ha licenziato la sua storica addetta stampa Pat Kingsley (tra i suoi clienti, Charlie Chaplin e Jodie Foster), rea di non tenere la bocca chiusa quanto alla setta di Ron Hubbard, assumendone la sorella Lee Anne, prona a Scientology. Si può dire tutto di Cruise, ma non che non sia il numero uno. Anche quando dà i numeri.
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