Cultura e Spettacoli

La nuova "casa del Perugino" è il museo modello da imitare

Allestimenti, fruibilità e dialogo con la città grazie a loggiati e finestroni. Per valorizzare i suoi tesori

La nuova "casa del Perugino" è il museo modello da imitare

A volte succede, ed è una buona notizia: un importante museo nazionale si rinnova, ripensa il proprio allestimento, la conservazione e la fruizione delle opere, persino la sua comunicazione al pubblico e sui social. È accaduto a Perugia, alla GNU, Galleria Nazionale dell'Umbria che, fiera, se ne sta davanti al Duomo (anche lui fresco di restauro, ma i denari qui li ha messi l'imprenditore umanista Brunello Cucinelli): il museo diretto da Marco Pierini, uno che il ministero si dovrebbe tenere ben stretto per capacità manageriali e inventiva, dopo un anno di lavori e sfruttando al meglio i 5 milioni di euro elargiti dal Fondo Sviluppo e Coesione nel 2016, è tutto nuovo. Non parliamo di uno qualunque dei musei nazionali, ma della «casa del Perugino»: il museo conserva infatti il maggior numero di opere al mondo del maestro umbro (sono 25, di cui 15 esposte e 8 in deposito) e per il prossimo anno, in occasione del quinto centenario della morte dell'artista, è già in agenda una grande mostra.

Ma cominciamo da ciò che possiamo già vedere in questa GNU rimessa a nuovo dagli architetti Daria Ripa di Meana e Bruno Salvatici: bookshop, illuminazione perfetta delle sale, didascalie chiare, pareti bianche («perché è sufficiente il colore delle opere della collezione», dice Pierini), affacci sulla città grazie a loggiati aperti e finestroni finalmente liberati che permettono un dialogo tra il centro storico di Perugia e le opere qui conservate, per lo più dipinti di soggetto sacro realizzati tra il Duecento e il Settecento.

C'è poi altro che merita di essere raccontato: seguendo la logica del less is more, meno è meglio (ahimè poco apprezzata da altri direttori), Pierini ha concepito una selezione più asciutta della collezione, rendendola così più godibile. Prima conseguenza: due intere sale sono ora dedicate esclusivamente a Pietro di Cristoforo Vannucci, detto il Perugino, che diventa la vera star del museo. Al terzo piano (il percorso di visita della Galleria procede dall'alto verso il basso) troviamo le opere della giovinezza come l'Annunciazione Ranieri, talmente bella che a lungo gli storici dell'arte l'attribuirono a Raffaello, e la Pietà del Farneto, mentre al primo piano incontriamo i lavori di grandi dimensioni della maturità, perfetti per dimostrare quanto il Perugino, ritenuto a torto pittore noioso, sia stato in realtà un abile sperimentatore. Altre chicche da non perdere, dopo aver iniziato il percorso sotto la benedizione della monumentale croce duecentesca del maestro di San Francesco sono: le sculture della celeberrima Fontana Maggiore di Nicola e Giovanni Pisano (musealizzate per motivi conservativi), la Madonna con il Bambino e sei angeli di Duccio da Buoninsegna, la tavola di Gentile da Fabriano e poi ancora il Polittico Guidalotti del Beato Angelico, l'enigmatico e monumentale Polittico di Sant'Antonio di Piero della Francesca, la Pala di Santa Maria dei Fossi del Pinturicchio, la Natività della Vergine di Pietro da Cortona.

Abbiamo volutamente ridotto all'osso l'elenco: la Galleria Nazionale dell'Umbria è un compendio del meglio del meglio dell'arte sacra italiana. Primo tra i musei nazionali (si diede rilevanza e statuto sovraregionale subito dopo la Prima guerra mondiale) e nato come pinacoteca cittadina che raccoglieva le commissioni delle famiglie altoborghesi di Perugia, la GNU per la prima volta si apre anche al contemporaneo. Nella Cappella dei Priori del terzo piano, Vittorio Corsini interviene ripensando le antiche vetrate, andate distrutte, e aggiungendo un suggestivo altare ligneo su modello delle montagne di Giotto, e nella sala XX Roberto Paci Dalò narra creativamente in un wallpaper la storia del palazzo.

Arioso e accogliente (le sale sono punteggiate da divani che permettono di sdraiarsi per apprezzare i soffitti affrescati), il museo si è anche dotato di un modernissimo sistema di conservazione delle pale di ampie dimensioni, una soluzione funzionale in procinto di essere brevettata, e si è regalato un finale novecentesco con opere di Alberto Burri, Pietro Dorazio, Gerardo Dottori e Adalberto Mecarelli, che il direttore promette di ampliare.

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