Cultura e Spettacoli

"Papà mi voleva prete. I critici mi rinnegavano ma li ho fatti pentire"

La vita dell'attore in un libro: "Iniziai povero mi feci togliere le tonsille per stare in ospedale"

"Papà mi voleva prete. I critici mi rinnegavano ma li ho fatti pentire"

«È successo tutto per caso. Volevo fare gli in bocca al lupo alla nostra Nazionale di calcio. E ho mandato al capitano Chiellini un video in cui suggerivo ad Immobile, nel caso avesse segnato, di esclamare porca puttena!». Detto fatto. Italia-Turchia, partita inaugurale degli Europei di Calcio, 66esimo minuto. Ciro Immobile segna e urla alle telecamere, davanti alla platea continentale, l'inconsueta esclamazione «pugliese-banfiota». «Chi avrebbe pensato lo facesse davvero? ride Lino Banfi -. E dopo di lui l'ha fatto anche Insigne. Ora la squadra intera sembra intenzionata a proseguire. Hai visto mai. La finale è l'11 luglio. E io il 9 compio 85 anni». Proprio alla vigilia del suo compleanno si conferma, dunque, la popolarità dell'«allenatore nel pallone», di cui il libro Le molte vite di Lino Banfi di Alfredo Baldi (edizioni Sabinae) ripercorre tutta la movimentata, romanzesca, chilometrica carriera.

Ma è vero Banfi che, quanto a carriera, la sua avrebbe dovuto essere quella sacerdotale?

«Verissimo. Dagli undici ai quindici anni ho vissuto in seminario. Ma il vescovo, come un padre, capì tutto. Tu devi fare l'attore; altro che prete!. Ma mio padre, quello vero, non voleva saperne: io mi esibivo nelle feste di piazza, e lui mandò i carabinieri a riprendermi fino a Taranto, dov'ero finito dietro una ballerina...».

Eppure riuscì ad arrivare fino a Milano, dove condusse la vera vita da bohémienne.

«Era il 53, avevo 17 anni, e a Milano facevo la fame. Non per dire: la fame vera. Fuori delle pensioni c'era scritto Non si affittano stanze ai meridionali. Allora io, che sono nato ad Andria, cancellai la n dai documenti e fingevo d'essere di Adria, parlavo veneto. Così trovai una stanza a Baggio, ci stavamo in dieci! Alla stazione Centrale uno con la faccia da criminale mi fa: i soldi te li trovo io. E mi porta a fare il posteggiatore abusivo in via Broletto. Solo che prima mi taglia il fondo delle tasche. Così non ti freghi tu tutte le monete. Ma alla fine l'ho fregato io: le monete me le nascondevo tutte nelle calze».

Fino all'episodio dickensiano di quando finse d'essere malato solo per dormire al caldo dell'ospedale.

«A Milano nevicava, io dormivo nei treni vuoti e gelati. Avrei potuto tornare a casa, ma non volevo darla vinta a mio padre, Devo diventare famoso, diventare ricco!. Finché un altro disperato mi fa: Ce l'hai ancora le tonsille?. Perché?. Le tonsille sono come la milza: non servono a niente. Ti bevi questo intruglio, la gola ti s'infiamma, ti ricoverano in ospedale, e per dieci giorni dormi al caldo e mangi gratis. Io come uno scemo eseguo. Finisco all'ospedale, mi operano, e dopo soli due giorni (in cui mangiai solo gelati) mi volevano buttare fuori. Confessai tutto a un dottore. Che s'impietosì e mi tenne una settimana in più».

Ma chi la dura la vince. E a furia di avanspettacolo e cabaret venne battezzato adirittura da Totò.

«Mi scrissero un biglietto di presentazione per lui. È un comico fine. E non si perde nei congiuntivi e nei condizionali». Il principe apprezzò. E quando mi chiese del mio nome d'arte, Lino Zaga (diminutivo di Pasquale Zagaria), Cambialo ordinò perentorio- i diminutivi dei cognomi portano jella. Io lo cambiai e...».

...Ed ebbe fortuna. I primi show televisivi, più di cento film...

«Ebbi il coraggio di non rinnegare le mie origini. La Pugliesità non esisteva, perché la Puglia non una sua drammaturgia. Così a Senza Rete, con Alberto Lupo, m'inventai un pugliese mio: Lupo era Lupolo, Baudo Baudolo e così via. La gente rideva. Ma l'intellighenzia barese mi odiava. Quelli si dannavano perché si dicesse Bari e non Beri, e ora io rovinavo tutto. Oggi però Checco Zalone mi ritiene un apripista».

Fino a Un medico in famiglia, e a papa Benedetto XVI che pubblicamente la definì Nonno d'Italia.

«Confesso: al Medico io non ci credevo affatto. Quando il grande Carlo Bixio mi sottopose la sinossi non ci capii niente. E poi quel nonno mi stava antipatico: comunista sfegatato, sindacalista assatanato L'ho dovuto trasformare a modo mio».

E oggi? Molti hanno cambiato idea nei riguardi di Lino Banfi?

«Oh non sa a quanti pentimenti sto assistendo! M'ero rassegnato: mi dicevo non sono copertinabile (adatto alle copertine), meno che mai scopertinabile (spogliano la Fenech o l'Antonelli, non certo me). Finché un giornalista molto famoso una volta mi confidò: Non dirlo a nessuno, ma trent'anni fa io andavo a vedere di nascosto i tuoi film.

Se l'avessi confessato, m'avrebbero cacciato dal giornale».

Commenti