Perché Stranger Things appartiene alla nostra infanzia

Il capolavoro dei Duffer Brothers attinge direttamente dai nostri ricordi. E.T., i Goonies, i Ghostbusters e ora Nightmare. Ecco perché parla di un'intera generazione

Perché Stranger Things appartiene alla nostra infanzia

C'è dentro tutto. O comunque tutto quello che valeva la pena guardare, ascoltare, vivere. Tutto quello che è finito per imperniarsi sotto pelle, liquido e indelebile come un tatuaggio. Per decenni è rimasto lì, come un ricordo lontano, come qualcosa di impalpabile che di tanto in tanto, nostalgico, riaffiorava alla mente. Poi sopiva, sempre. Non andava mai oltre il ricordo. Poi è arrivato Stranger Things e tutti questi ricordi sono riesplosi, felici e bellissimi come i ricordi sanno esserlo quando hanno a che fare con la giovinezza. Con uno schioccare di dita ci hanno catapultati indietro nel tempo, indietro di trent'anni. Noi che abbiamo perennemente viaggiato verso il futuro, che abbiamo bruciato decadi per essere i primi a sapere, che abbiamo lottato, dato di gomito e spintoni, per arrivare in testa a tutto; noi che abbiamo sempre sognato il flusso canalizzatore e un viaggio sulla Delorean per vedere futuri distopici in cui le auto volano ("Strade? Dove stiamo andando non c'è bisogno di strade!") e gli skate sfrecciano senza ruote, ci siamo fermati, abbiamo voltato lo sguardo al passato ci siamo rimessi a guardare indietro.

Stranger Things rappresenta la nostra infanzia. L'abbraccia tutta quanta e la scongela. I ricordi di trent'anni fa non erano mai stati tanto vividi. Poi sono arrivati Mike, Will, Dustin e Lucas e ad un tratto è tornato tutto come prima. Un po' come quando, da piccolissimi, ci siamo appiccicati allo schermo a guardare E.T. o i Goonies. Le stesse passioni, le stesse emozioni. Quei ragazzini, età da medie all'incirca. Amici, prima di tutto. Di un'amicizia totalizzante, come sanno esserlo quelle nate da piccoli senza la "distrazione" delle ragazze e le complicazioni del liceo. Nelle loro mani il destino del mondo o della loro comunità, fosse anche un piccolo quartiere di Astoria. Hawkins come Astoria, appunto. L'America non ci era mai sembrata tanto vicina come allora. Anche se al tempo erano in pochi ad averla visitata davvero.

Siamo lontani dai drammi di cuore adolescenziali. Arriveranno dieci anni dopo, con Beverly Hills 90210 e Melrose Palce. In Strager Things non ci sono teenager in subbuglio ormonale. Soltanto ragazzini, e nerd per di più, alle prese con i giochi da tavola. D&D, soprattutto. Che per noi è immediatamente Dungeons & Dragons. Non serve sciogliere l'acronimo. Subito la mano destra ricorda le infinite sfaccettature di quello strano dado nero. E poi il Demogorgone. Il male. Che, però, calato in un gioco come D&D diventa subito una sfida che può essere vinta da tutti i più coraggiosi. Fossero anche i più nerd bullizzati dall'intera scuola.

La nostra infanzia, appunto. Con tutti i miti e la mitologia che si porta dietro. I richiami sono infiniti, come è infinita la "letteratura" che sull'argomento prolifera su internet. Ognuno ci vede il film che più gli corrisponde. Il link non va spiegato. Si attiva e basta. Alcuni sono più evidenti di altri. Come il girovagare in bici che ricorda Elliott mentre porta a spasso E.T. nella cesta fissata sul manubrio. O il tributo dei quattro amici ai Ghostbusters (altra pietra miliare di una decade segnata dai film di Hollywood). E come dimenticare la scena in cui Suzie obbliga Dustin a intonare Neverending story: il mondo sta per soccombere, l'esercito del Mind Flayer sta vincendo, Hopper è nei guai fino al collo e, quando tutto si decide sullo scarto dell'ultimo secondo, eccoli cantare a squarciagola e fiondare gli spettatori in un ricordo dolce, un altro angolo dell'infanzia, quello di Bastian, Atreju e del fortunadrago Falcor. Perché il male c'è e fa paura, ma è comunque una storia per bambini - noi, bambini - che sanno molto bene, perché glielo hanno insegnato la mamma e il papà, che il male non può trionfare, che il bene alla fine vince sempre e che anche i più piccoli possono sconfiggerlo.

Non c'è solo l'amicizia, in Stranger Things. Passano gli anni e arrivano le prime cotte. Mike che si sbaciucchia con Undi facendo infuriare Hopper. Tutto molto casto, tutto molto infantile. E poi Lucas e Dustin che competono per farsi notare da Max. E poi l'amore a distanza con Suzie. Storie non drammi, appunto. Succedevano negli anni Ottanta e fanno ancora sorridere. È tutto questo insieme a farci (ri)piombare alle medie o giù di lì. Perché, anche quando sono i più grandi a prendere la scena, il racconto rimane sempre patinato. Persino l'indecisione di Nancy tra Steve e Jonathan viene raccontata come un intermezzo dolce e, a tratti, goffo. Esattamente come la cotta di Brandon per Andy, nei Goonies ("C'era qualcosa di strano... ma Brand porta l'apparecchio?")

E, a fronte di tutto questo, se qualcuno ha storto il naso dopo aver visto la quarta stagione è perché non ha capito fino in fondo. Nel quarto volume della saga i Duffer Brothers rendono un immenso tributo a un altro importantissimo capitolo della gloriosa decade degli anni Ottanta: i film horror, quelli proibiti che trasmettevano su Italia 1 in seconda serata, che tra i banchi di scuola molti millantavano di aver visto ma su cui i genitori avevano posto un severo divieto. Uno su tutti: Nightmare. E così le strade di Hawkins, che fino a qualche puntata prima ricordavano quelle della San Fernando Valley scelte da Steven Spielberg per E.T., si sono trasformate all'improvviso nella terrifica Elm Street e il Sottosopra è diventato uno degli innumerevoli incubi manovrati da Freddy Krueger. Ma, anche qui, bastano un walkman, una cassetta di Kate Bush e le dolci note di Running up that hill per cacciare lo spavento di Vecna.

Fra tre settimane Netflix rilascerà le ultime puntate della quarta e ultima stagione di Stranger Things e si chiuderà il cerchio. Allora sarà tutto finito. Come tutti i bambini, però, abbiamo sin da ora le nostre certezze.

Siamo certi, per esempio, che Vecna farà la stessa fine del Demogorgone e del Mind Flayer e che Undi e i nostri amici vinceranno ancora una volta e che questa volta sarà per sempre. Ma soprattutto siamo certi che Stranger Things finirà in mezzo a tutti i ricordi della nostra infanzia. Perché già vi appartiene. Dolce e splendente come tutti gli altri ricordi.

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