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Piccolo grande amore, il cult degli anni '90 con Raoul Bova

Piccolo grande amore è una fiaba moderna che è diventata un cult del cinema degli anni '90, grazie anche alla presenza di un giovanissimo Raoul Bova

Piccolo grande amore, il cult degli anni '90 con Raoul Bova

Uscito in sala nel 1993, Piccolo grande amore è la commedia estiva e romantica con Raoul Bova che va in onda questa sera alle 21.06 su La 5. Il titolo del film è un chiaro rimando al brano Questo piccolo grande amore di Claudio Baglioni, scritto nel 1972 dallo stesso Baglioni insieme ad Antonio Coggio e diventato un bene prezioso nell'immaginario collettivo italiano, al punto da essere eletto nel 1985 a Sanremo "canzone del secolo", come si legge sul sito ufficiale del cantante.

Piccolo grande amore, la trama

Re Massimiliano (David Warner) è il sovrano del Liechtenhaus, perseguito dall'idea di gettare disonore sulla sua nobile famiglia a causa di gravissimi problemi finanziari che lo stanno spingendo a valutare l'ipotesi di trasformare il castello di famiglia in un'attrazione turistica a pagamento. La sua ultima speranza è quella di convincere sua figlia, la bellissima principessa Sofia (Barbara Snellenburg) a sposare il principe Frederick di Sassonia (Adam Barker). Per Sofia, innamorata di un campione di tennis (Alessio Avenali), Frederick è troppo bruttino, impacciato e noioso per convincerla a sposarlo. Determinata a seguire il suo cuore piuttosto che le rigide regole dell'alta società, Sofia decide di scappare proprio per andare dal suo amato, ma una volta giunta in albergo scopre il campione di tennis a letto con un'altra. Con il cuore spezzato e senza alcun punto di riferimento, Sofia scappa di nuovo e si nasconde in un villaggio in Sardegna, dove, grazie anche alla sua bella presenza, riesce a trovare lavoro come barista. Ed è proprio sulla spiaggia che Sofia incontra Marco (Raoul Bova), un istruttore di nuoto benvoluto da tutti, per la quale la ragazza comincia a provare qualcosa, proprio lei che aveva appena giurato di aver chiuso per sempre con gli uomini. La reciprova attrazione tra i due si trasformerà ben presto in qualcosa di più grande, mentre re Massimiliano continua disperatamente a cercare la figlia scomparsa.

Un cult degli anni '90

Arrivato in sala nell'ormai lontano 1993, Piccolo grande amore è il film diretto da Carlo Vanzina e scritto insieme a Enrico Vanzina, che è finito col diventare un vero e proprio cult degli anni '90, al punto da essere riproposto in tv ogni anno, ogni estate. I motivi di un tale successo sono da ricercarsi essenzialmente in due elementi principali. Il primo è legato alla trama e al tipo di narrazione scelta. Nonostante abbia i toni della commedia estiva, Piccolo grande amore affronta un cliché molto amato sul grande schermo, quello dell'amore contrastato. Il punto centrale del racconto, infatti, è quello di due persone che si amano, che sembrano anime gemelle, ma che per un motivo o per l'altro sulla carta sembrano destinati a doversi separare. Al pari di film come Dirty Dancing, nel caso di Piccolo grande amore l'ostacolo che i due devono superare è di tipo economico e sociale. Marco e Sofia appartengono a due classi sociali diametralmente opposte: una è una principessa legata a una certa etichetta. Marco, invece, è un lavoratore stagionale che non potrebbe mai essere accettato a corte. Ma, se è vero che nella vita reale tali confini restano pressoché insormontabili, il cinema rende al contrario tutto possibile. E il pubblico, specialmente quello femminile, è attratto dalle storie di amori impossibili, dai racconti incentrati sugli sforzi che due persone devono fare per dimostrare al mondo intero di appartenersi.

Il secondo elemento che ha fatto sì che, quasi trent'anni fa, il film diventasse un successo è la presenza di Raoul Bova. Marco è un personaggio romantico, leale, che presenta tutte le carte in regola per rientrare nella sfera del cosiddetto principe azzurro. Un altro cliché di cui il mondo del cinema non è mai sazio e che viene riproposto a intervalli regolari. Vicino agli esordi della carriera, Raoul Bova si mostra davanti alla macchina da presa come una sorta di eroe bello e impossibile di cui ha solo l'aspetto, visto che l'animo è gentile. In effetti è lui il vero protagonista del racconto, è lui colui verso cui gli spettatori riversano la propria empatia. Lo dimostra il fatto che la scena più iconica del film di Vanzina è proprio quella in cui un giovanissimo Raoul Bova corre fuori dal mare, il fisico allenato bagnato dall'acqua.

La scena è un chiaro rimando alla serie televisiva Baywatch che, proprio in quegli anni, conosceva la sua epoca d'oro e aveva riempito i piccoli schermi di immagini di corpi statuari e perfetti che correvano sulla spiaggia.

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