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La poesia di Bobby Sands vola libera tra le sbarre

Il leader nordirlandese fece lo sciopero della fame fino alla morte. Intanto scriveva versi

La poesia di Bobby Sands vola libera tra le sbarre

Quando, di fronte alla scelta intransigente di non cedere alle richieste dei prigionieri politici repubblicani che si stavano lasciando morire di inedia nel carcere di Long Kesh, a Belfast, al primo ministro britannico Margaret Thatcher venne chiesto di fare un passo indietro, la Lady di Ferro rispose che, a differenze delle innumerevoli vittime delle loro azioni terroristiche, Bobby Sands e i suoi sodali avevano avuto la possibilità di scegliere tra la vita e la morte.

Chissà quanto la Thatcher realmente sapeva della storia di Bobby. Era lui il comandante dell'IRA nei famigerati H-Blocks e a lui guardavano con un misto di cameratismo e rispetto i compagni di reclusione. Eppure, nel giorno della sua morte, 5 maggio 1981, il «veterano» Bobby aveva solo 27 anni e guidava una protesta clamorosa a cui avevano preso parte (e avrebbero continuato a farlo) i suoi giovani compagni. Un'intera generazione di ragazzi entrati nelle file dell'IRA tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta per segnare un radicale distacco da quella che consideravano l'inaccettabile passività dei genitori, forti di un rinnovato clima di interesse verso le lotte per i diritti civili e di una generale atmosfera di cambiamento epocale internazionale, con il movimento hippie e quello studentesco a fare da traino. «Non ne potevo più di vedere i diritti miei e degli altri cattolici nordirlandesi calpestati quotidianamente da un sistema iniquo, costruito a uso e consumo della minoranza protestante. I miei genitori si erano assuefatti. Io non ci sarei mai riuscito» dice Laurence McKeown, compagno di reclusione di Bobby e oggi drammaturgo impegnato in progetti di riconciliazione nazionale. Laurence sa cosa significhi fare uno sciopero della fame, avendo seguito Bobby nella sua missione suicida e potendolo raccontare solo in quanto nutrito in infermeria per decisione della madre, dopo 70 giorni di digiuno. A lui si deve l'interessante libro Il diario di Bobby Sands. Storia di un ragazzo irlandese (Castelvecchi). Una generazione di giovani convinti della missione che si erano intestati, si diceva. Una generazione di ragazzi strappati alle famiglie, agli affetti e a un'esistenza normale per una vita alla macchia, prima della morte violenta o del carcere. Ragazzi accomunati spesso da uno spirito creativo che nemmeno le sbarre del carcere duro riuscirono a imbrigliare. Sam Millar, celebrato autore di noir (I cani di Belfast, Milieu), trascorse diversi anni nella cella accanto a quella di Bobby e, quando ne parla, ha ancor oggi le lacrime agli occhi. «Bobby era un ragazzo semplice, normalissimo, pieno di vita. Quando eravamo abbattuti, ci tirava su con una canzone o una poesia. Era un artista». A differenza di Bobby Sands e Laurence McKeown, Sam Millar, un vero e proprio irriducibile che considera gli Accordi del Venerdì Santo un fallimento del movimento repubblicano, un tranello grazie al quale lo Sinn Féin ha svenduto gli ideali per i quali molti compagni di lotta hanno dato la vita, prese parte a ogni forma di protesta all'interno degli H-Blocks tranne che allo sciopero della fame, non convinto di avere la forza per portarlo fino alle estreme conseguenze.

Oggi, finalmente, è disponibile Scritti dal Carcere (Edizioni Paginauno, traduzione di Riccardo Michelucci ed Enrico Terrinoni, pagg 270, euro 18), la raccolta completa delle liriche (spesso concepite con una musica in testa, pur nell'ambiente invivibile degli H-Blocks in cui, nell'ambito della guerra psicologica tra i prigionieri politici e il governo britannico, i detenuti facevano i bisogni nelle celle e imbrattavano i muri con i loro stessi escrementi per essersi rifiutati di indossare le divise carcerarie e, dunque, non potendo raggiungere i bagni) e delle pagine di prosa di Bobby Sands che, inevitabilmente, trasudano angoscia e nostalgia, ma pure slanci di ottimismo e di profonda umanità.

Il testo è anticipato da una splendida, davvero esauriente introduzione di Riccardo Michelucci, uno dei massimi esperti italiani della storia dei «Troubles» e della vicenda personale di Bobby. Chi avverta la necessità di farsi un quadro di insieme del momento storico in cui Bobby scrisse quei testi non ha che da leggerla. C'è pure una prefazione all'edizione inglese scritta da Gerry Adams, segretario storico dello Sinn Féin, il braccio politico del movimento repubblicano nordirlandese, la mente fine e non sempre condivisa dai militanti (soprattutto quelli finiti in carcere) che ebbe l'intuizione di candidare Bobby Sands al parlamento britannico nelle elezioni del 1981, nella convinzione di mettere in difficoltà la Thatcher e nella speranza di ammorbidirne la posizione.

Ecco cosa dice Michelucci stesso

dell'esperienza di traduzione: «Da queste liriche esce il sorprendente talento del Bobby Sands poeta, con i frequenti riferimenti alla sua passione di aspirante ornitologo e alla metafora libertaria e un po' socialista delle ali».

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