Cultura e Spettacoli

Poesie, sconcezze, "damazze" e modernità. Ecco la Milano del "sur Carlo" Porta

Una mostra per i 200 anni dalla morte del poeta, fra mappe ed edizioni pirata

Poesie, sconcezze, "damazze" e modernità. Ecco la Milano del "sur Carlo" Porta

Ad aprire la mostra «El sur Carlo milanes» che Milano, al Castello Sforzesco, dedica a Carlo Porta nel bicentenario della morte (1821-2021) è, sugli stendardi che ti accolgono nel cortile della Rocchetta, una grande chiave ottocentesca, come quelle esposte nelle bacheche dentro la Sala del Tesoro: sono le chiavi delle casse del Monte Napoleone dove Carlo Porta una vocazione per la poesia, una carriera nella pubblica amministrazione lavorò tutta la vita. Simbolicamente, il modo migliore per entrare nell'opera di uno scrittore a lungo frainteso, a volte ridotto ad allegra macchietta o cantore di un Milanin perduto, il quale in realtà è il poeta che aprì la via della letteratura alla borghesia ottocentesca. Carlo Porta non è un abate, non è un nobile, neppure un aristocratico: «Sissignore, signor marchese, lei marchese, marchesazzo, marchesone, marchesonone, e io sono il signor Carlo milanese, e fermo lì! Senza neanche lo straccio di un Don» (e vi risparmiamo il dialetto, citiamo in traduzione...). Carlo Porta è un impiegato, un borghese, e per nulla provinciale. Scrive quando la città diventa una delle capitali dell'Ottocento, e i suoi versi, prima che civili, sono cittadini. Nel senso che dentro c'è Milano, la sua popolazione - servi, frati, «damazze», ciabattini e prostitute le sue strade, le osterie, le chiese, i bordelli, i verzieri. E così il dialetto milanese Stendhal rimase affascinato da una lettura recitata dallo stesso Porta divenne a suo modo internazionale.

Niente nostalgie da vèggia Milan e semmai tanta modernità - Carlo Porta fu poeta borghese, moderato, al netto dell'anticlericalismo, della satira politica e delle oscenità, e soprattutto moderno - la mostra, concentrata tutta in una sala e ricchissima oltre che necessaria, visto che l'ultima la pensò Dante Isella nel 1975, rimette il poeta milanese sullo scaffale dei «gran lombardi», accanto ad Alessandro Manzoni (curioso: Porta muore di gotta a 45 anni, nel 1821, due mesi prima che don Lisander metta mano ai Promessi sposi: un passaggio di testimone?), di Carlo Cattaneo, del Dossi, di Delio Tessa, di Carlo Emilio Gadda e di Giovanni Testori, del quale basti citare: «Leggendo Porta è quasi impossibile resistere alla tentazione di pronunciarlo, di dirlo, di recitarlo». Appunto.

Curata da Mauro Novelli, professore di Letteratura italiana contemporanea all'Università Statale di Milano e presidente del Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della morte di Carlo Porta, la mostra «El su Carlo milanes» trascina il visitatore dentro quella Milano: ci sono mappe con tutti i luoghi dove accadono le poesie del Porta, quando la città, nel 1817, contava 120mila abitanti e il Lazzaretto, dietro l'odierna piazza Oberdan, era già periferia, e poi stampe e disegni con le case di ringhiera e i bordelli, i quaderni originali in cui Porta raccolse per i figli le sue poesie, spesso vietate dalla censura (è la sezione «Porta proibito»), e che dopo la morte la famiglia passò al canonico Luigi Tosi, il quale «sconciò» versi e tagliò pagine, e che oggi possiamo leggere solo grazie alla trascrizione fatte dagli amici del poeta e alle edizioni pirata che iniziarono a circolare postume, come le Poesie inedite stampate a Lugano, nel 1826, con la falsa indicazione «Italia»: eccole qui...

E poi, fra i pezzi più curiosi di una mostra imperdibile su uno scrittore irrinunciabile: numerosi autografi, le bozze di stampa del poemetto anticlassicista Il Romanticismo, edizioni novecentesche illustrate (anche da Guttuso), la Quarantana dei Promessi sposi con l'immagine di una pudica Lucia accanto a un volume del Porta dalla stessa veste tipografica con il disegno della discinta Tetton (molto meglio la seconda), e una lettera al Porta del Foscolo che si firma, con battuta degna di miglior causa, Ugo «Finestra». E per chi vuole - dalle poesie in dialetto milanese al QR Code - la possibilità di ascoltare il Porta come fu recitato a teatro da Franca Valeri, Tino Scotti, Dario Fo, Franco Parenti.

Chi ha detto che le mostre sui poeti sono noiose?

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