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Polverizza ogni record il tormentone virale che contagia il mondo

Il brano "Gangnam Style" di Psy è un successo in 222 nazioni. E, da David Cameron a Britney Spears, tutti lo cantano...

Polverizza ogni record il tormentone virale che contagia il mondo

Tutto d'un fiato: Gangnam style è il terzo video pop più visto di sempre. Alle 18 di ieri aveva ben 580 milioni di visualizzazioni su YouTube (quindi stamane saranno già 600). Record del mondo di «mi piace» garantito dal Guinness dei primati. Ascoltatori in 222 nazioni. E primo posto in classifica in 33, almeno finora. Centinaia di remix in discoteca. E migliaia di parodie in rete. Al confronto, il nostro indigeno Pulcino Pio ritorna nell'uovo con la coda tra le zampe. Qui siamo su di un altro pianeta e questa è la storia del primo tormentone virale della storia e quindi non importa quanto sia bello (anzi: è di scientifica ma non offensiva bruttezza). Importa che sia un fenomeno: si diffonde veloce come il virus dell'influenza, finora ha contagiato Estremo Oriente, Australia, Stati Uniti e ora attecchisce in Europa e pure in Italia (l'altra sera il compassato Renato Mannheimer lo ha ballato di fianco a Geppi Cucciari a G'Day su La7). Prodigio del pop senza se e senza ma.
Lo ha lanciato a metà luglio, naturalmente senza prevedere tutto questo can can, un deejay sudcoreano cicciottello e famoso dal nome PSY, diminutivo che sta per «psicopatico». Il ritmo è maranza, roba tipo unza unza, le allusioni sessuali spuntano quanto basta e nel testo c'è quel tocco di lamento sociale che non guasta mai. Concetto base: prendere in giro il jet set. Per capirci, GanGnam è il distretto ricco di Seoul, lì le case costano tre volte tanto la media nazionale e gli abitanti hanno tutte le manie deluxe che ci possiamo immaginare anche noi poveri italiani.
Volendo vincere facile, nel suo testo/video il deejay coreano mescola l'immagine della donna docile in pubblico e poi pantera a letto con tutti gli stilemi del «vorrei ma non posso» tipici dei parvenu. Naturalmente, qualche solone ha subito srotolato prevedibili interpretazioni sociologiche a sfondo politico sul modello dell'urlo di classe contro la prevaricazione del ricco. Ma sono eccezioni. Il commento più azzeccato è quello di Robert Myers sul The village voice: «Gangnam style è un ispirato brandello di stupidità». È la timida parodia esteticamente mediocre, e musicalmente volatile, che lo psicopatico pacioso, pardon PSY, arricchisce con alcune mosse fatte per ricordare l'andatura di un cavallo: il galoppo, il trotto, insomma un microballetto buono per tutti i gusti. Difatti, ancora più del brano, l'«horse trot» ha contaminato tutti e a tutti i livelli.
In queste settimane lo hanno ballato, o almeno accennato, l'artista antigovernativo cinese Ai Weiwei, il premier David Cameron, Britney Spears, il capo di Google Eric Schmidt e il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon che non ha usato giri di parole definendo Gangnam style addirittura «una forza per la pace nel mondo». Sono già aperte le scommesse sul politico italiano che cederà all'horse trot nella prossima campagna elettorale. Persino una sedicente reincarnazione di Gesù, tale Inri Cristo, lo ha parodiato in Israele. E intanto i clic crescono. A fare da cassa di risonanza sono i talk show, specialmente quelli americani che si sono scatenati a invitare lo psicopatico. E anche le altre popstar, assai invidiose di un successo planetario costato quattro soldi.

Da Robbie Williams a Nelly Furtado, che lo ha pure cantato dal vivo nelle Filippine, tutti twittano e blaterano sul tormentone virale, moltiplicando la velocità di contagio nel pubblico e i sensi di colpa in chi si è lasciato sfuggire il colpaccio: «Come diavolo ho fatto a perdermelo?» si è chiesto il megamanager Scooter Braun che ha appena creato macchine da soldi come Justin Bieber e Carly Rae Jepsen. Già, chissà come ha fatto. Forse, come spesso capita in questi casi, è inciampato nell'errore fatale: pensare che un deejay coreano coloratissimo e paffuto in fondo non se lo sarebbe mai filato nessuno.

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