Il merito di Roberto D'Agostino, oltre a quello di fornirci materiale quotidiano (aiuto contraccambiato) per i nostri giornali, è quello di inventarsi programmi televisivi che parlano di temi già esplorati senza essere mai banale. La sua sapienza è l'uso delle immagini e del sonoro, unito a un impianto estetico come se ne vedono pochi nei programmi e al ricorso a veri esperti che parlano in maniera chiara e concisa. Insomma, da oggi torna Dago in the Sky, alle 21,15 su Sky Arte (canale 120 e 400). La quarta stagione, 10 puntate ogni giovedì, ha come filo conduttore l'arte e il futuro e, dunque, non poteva che iniziare dai videogame, la più artistica forma di narrazione moderna. Soltanto vedendo la prima puntata, si riconosce lo stile inconfondibile di D'Agostino, così come ci ha abituati nei precedenti lavori realizzati per la piattaforma satellitare.
Per spiegarci l'importanza dei videogiochi, intanto non li demonizza come fa qualsiasi genitore disperato nel vedere i propri figli incollati al computer, ma li descrive come «l'avventura più eccitante dei nostri tempi», «la reincarnazione della mitologia al tempo della tecnologia, Teseo che dà la caccia al Minotauro», «una forma per nulla infantile che aiuta ad affrontare le paure, i mostri, le porte che scricchiolano come ci raccontano da sempre le fiabe lette ai bambini prima di andare a letto». Ma soprattutto una produzione sopraffina alla cui base sta l'arte. E poi via con la storia del gioco che, dal 1500, è arrivata fino a noi sottoforma di videogames. Insomma, una mezzora interessante che tiene desta l'attenzione. Per dirla in maniera complicata come fa D'Agostino «un esperimento di smaterializzazione che si ibrida con nuovi mezzi di comunicazione, internet e nuovi media», «per bruciare la sintassi e la narrazione televisiva di ieri e sostituirla con la ridefinizione di una nuova estetica». In poche parole, un tentativo di post-televisione.
Comunque nelle altre nove puntate
si tratterà di: il Male, l'arte come scandalo, il bordello sulle tele, il viaggio dipinto, l'arte durante il fascismo, il cellulare come casa in tasca, l'identità attraverso l'arte, la pubblicità e l'immagine proibita.LR
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