Cultura e Spettacoli

«Il postino» suona due volte. Grande film, zero ipocrisia

Konchalovskij mattatore con una profonda storia fra progresso e tradizione. Poi dice cose forti su Europa, politica e cinema

nostro inviato a Venezia

Il progresso e la civiltà non bastano a colmare il desiderio dell'uomo, il suo bisogno di consolazione e di significato. È questo il senso di The Postman's White Nights , penultimo film in concorso, molto applaudito ieri al Lido. Apparso a sorpresa quando i giochi sembravano fatti, il film di Andrei Konchalovskij (il regista di A trenta secondi dalla fine ) ha innescato un tam tam di elogi come avviene per le opere toccate dalla grazia. Scena clou: due uomini parlano tranquilli in un villaggio russo di casette di legno quando un missile squarcia il cielo alle loro spalle. A pochi chilometri da quel villaggio c'è una base spaziale che abbiamo visto qualche scena prima. Ma ce ne siamo subito dimenticati, tanto sono intensi i dialoghi e i gesti degli abitanti locali. Così, quando il missile decolla, l'effetto è notevole. E lo è anche il contrasto tra l'avanguardia tecnologica e la quotidianità di quella povera gente. In questo ritratto antropologico, reso con grande asciuttezza, che si candida al Leone d'oro, la trama è la vita vera, ma immagini e fotografia sono stupende. «Volevo raccontare la vita reale dell'uomo, non una finzione», ha spiegato Konchalovskij. «Così mi è venuta l'idea del postino, una figura magnifica perché vede tanta gente diversa e con lui si può osservare un intero strato di società. Abbiamo scelto quel villaggio. Grazie alla tecnologia poco invasiva, ho convinto gli abitanti a interpretare loro stessi in dieci minuti. Per coinvolgerli, ci ho messo una settimana. Non volevo scrivere prima il film. La sceneggiatura si è scritta da sola quando sono iniziate le riprese».

Nel villaggio di Kenozero, nord della Russia, una piccola comunità vive come un secolo fa. Produce ciò che le serve e si ciba del pesce pescato in giornata. I campi si arano a braccia, trainati da un cavallo. Solo il postino (Aleksey Tryapitsyn) attraversa in barca il grande lago e mantiene i contatti col mondo evoluto. Oltre a consegnare lettere, ritira pensioni, acquista giornali e medicinali. Tra gli abitanti, quasi tutti anziani, serpeggiano però solitudine e malinconia. Nemmeno la televisione, accesa ma non seguita, riesce a lenirle. Qualche consolazione offre la vodka: «Ho un dolore nell'anima», confida uno di loro al portalettere. «Mi passa solo quando sono ubriaco. Pensi che una volta raggiunto l'orizzonte la vita sarà più colorata, ma quando ci arrivi ti accorgi che è sempre grigia». Dal canto suo, il postino spera nell'amore dell'ex compagna di scuola Irina (Irina Ermolova, unica professionista). Che però non lo ricambia. E quando gli rubano il motore della barca e lei trova lavoro in città, anche lui decide di trasferirsi. Salvo fare una scoperta inattesa.

«Non ho proposto ai miei attori di venire a Venezia», ha raccontato Konchalovskij. «Se filmassi degli aborigeni australiani non li porterei qui. Certo, vedranno il film, ma non sono sicuro che lo troveranno interessante. L'ho girato per me stesso e sono contento che sia stato invitato alla Mostra. Negli Stati Uniti - ha proseguito - mi stancavo a discutere con i produttori. A Hollywood ho imparato tanto, ma da troppi anni si fa cinema solo per gli adolescenti. Io voglio rivolgermi agli adulti e ai genitori». Prodotto con il contributo del ministero della Cultura russo, Le notti bianche di un postino non ha ancora un distributore italiano. Sull'intervento in Ucraina Konchalovskij ha detto: «Non so se sono favorevole o contrario. È difficile rispondere. Chi può farlo? C'è qualcuno di noi che sa veramente per che cosa ci stiamo scontrando? L'Ucraina è un pericolo per la Russia, ma l'eurocentrismo impedisce di vederlo come tale. L'illusione degli europei è che la democrazia sia qualcosa di positivo comunque. Non vedono i suoi effetti nei paesi poveri, in Sudafrica, Iraq, Libia, Egitto, Tunisia, dove le elezioni hanno portato al potere dei dittatori. Vengo considerato un reazionario ma sono tranquillo. È difficile prevedere il futuro perché c'è in atto un grande cambiamento. Le tensioni tra mondo arabo e cristiano e tra Cina e India potrebbero esplodere e portare a un conflitto. Si parla sempre di rispetto dei diritti umani, ma si dimentica che il diritto primario è l'acqua potabile.

Temo che le prossime guerre si combatteranno per questo».

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