Festival del Cinema, un premio "scandaloso" per la Ferrari a luci rosse

Il fischiatissimo "porno d'autore" di Paolo Franchi vince i riconoscimenti per regia e attrice. Contestazioni

Festival del Cinema, un premio "scandaloso" per la Ferrari a luci rosse

Educare il popolo: questa la missione dichiarata del settimo Festival di Roma, mai così scollato dalla gente, che in tempi di crisi vorrebbe andare al cinema, a patto che ne valga la pena. Così, non troppo a sorpresa, fa il pieno di premi il film più fischiato della rassegna, nonostante i dubbi della stessa giuria, spaccata a metà sul verdetto: E la chiamano estate, ironicamente ribattezzato E lo chiamano film da quanti hanno dovuto vederlo. Il film più spernacchiato della kermesse capitolina, che costa 12 milioni di euro anche perché deve mantenere, durante tutto l'anno, una pletora di addetti ai lavori assunti in pianta stabile nell'era Veltroni-Bettini, strappa così il premio per la migliore regia, assegnato al bergamasco Paolo Franchi, habitué dei fischi dal 2007, quando il suo Nessuna qualità agli eroi fu contestato a Venezia. Ne consegue che Isabella Ferrari, con le inquadrature ginecologiche dedicatele dal miglior regista del festival, abbia incassato il premio quale migliore attrice protagonista. E dure contestazioni sono arrivate in sala, durante l'imbarazzata cerimonia di premiazione, officiata dalla madrina Claudia Pandolfi, con sfoggio di inglese basico e da Marco Müller, in tuxedo da ordinanza. «Vergogna!», hanno gridato i presenti, contestando il premio. In un primo momento sopraffatta, la Ferrari ha poi ritrovato la voce. «Vorrei invitare tutti ad essere più curiosi e ad accogliere i film italiani per quello che sono. Ho fatto questo film con coraggio. Lo dedico a mia madre e ai miei figli, che hanno una madre come questa», ha replicato l'attrice, visibilmente turbata dalla comunque prevedibile reazione del pubblico in sala. «La nostra è una casta che continua a sbagliare», ha dichiarato Valsecchi e in effetti restano oscuri i meriti dell'attrice piacentina, attonita e inespressiva.

Il ragionamento è stato: bisogna premiare un film italiano e un pizzico di orgoglio tricolore ci starebbe pure, ma scegliere Franchi quale vessillifero di regia, è sembrata una provocazione. In linea con quanto ci offende nel Paese: il merito non viene riconosciuto, ma l'insipienza va avanti. Così il platinato Matthew Modine, prima di consegnare i premi, ha letto il verso: «Viviamo in un universo di tenebre, con infiniti spazi vuoti», citando l'impronta illuministico-educativa delle scelte di giuria capitanata da Jeff Nichols. Nella direzione multiculturale di moda, sia il Premio Speciale della Giuria per Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi («una vittoria di Rai Cinema», dice, suffragata anche dal Premio migliore opera prima e seconda), storia d'integrazione nell'hinterland romano pasoliniano, sia la menzione speciale toccata a Razzabastarda di Alessandro Gassman, film sull'emarginazione romena in Italia.

Così è un po' finito in ombra il Marc'Aurelio d'Oro per il miglior film in concorso, andato a Marfa Girl, lavoro introspettivo di Larry Clark, che sperimenta pulsioni e deviazioni nella solitudine del Texas. Più in asse con il comune sentire, il premio del Pubblico per il miglior film è toccato a The Motel Life dei fratelli Gabriel e Alan Polsky, sanguigno thriller con due fratelli perseguitati dalla sfortuna, piaciuto a pubblico e critica. «È il pubblico che decide», ha detto Luigi Abete, main sponsor del festival con BNL. The Motel Life ha inoltre ottenuto il premio per la migliore sceneggiatura, firmata da Noah Harpster e Micah Fitzerman-Blue. Jeremie Elkaime è stato invece premiato come miglior attore per Main dans la main di Valerie Donzelli.

Dal concorso, tallone d'Achille d'una rassegna controversa, perché di nicchia, quando aspirava all'alto rango internazionale, è spuntata l'attrice Marilyne Fontaine, migliore emergente con Un enfant de toi.

E Prospettive Italia, che nelle intenzioni di Müller doveva lanciare sconosciuti autori nazionali? Cosimo e Nicole di Francesco Amato, storia d'amore ai tempi del G8, vince il Premio per il miglior lungometraggio, mentre Pezzi di Luca Ferrari spicca come miglior Documentario e l'originale Il gatto del Maine di Antonello Schioppa come miglior Corto. C'è molto da ripensare.

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