"Vivevamo in via Stendhal, a Milano, e facevamo le prove all'oratorio del Rosario. Tentammo più volte di fare un provino con la Ricordi, dove mio fratello disegnava le copertine dei dischi, ma senza ottenere nulla. Finché ci presentammo con una lettera del futuro papa monsignor Montiniche diceva che eravamo dei buoni parrocchiani. Grazie a questa raccomandazione ci fecero un contratto, era il novembre 1964".
Così Pietruccio Montalbetti ricorda l'esordio dei Dik Dik, il gruppo italiano che ha piazzato più singoli al numero 1 delle hit parade ( dalla versione italiana di California Dreamin' alla sanremese Io mi fermo qui) e che festeggia oltre mezzo secolo di attività con il doppio cd Il sogno continua che contiene due brani inediti (Sulla nuvola e Punto su di te), tutti i loro classici da Il vento a Vendo casa, più i loro brani riletti da musicisti di nuova generazione come Elio e le Storie Tese, Francesco Zampaglione, Ridillo, Johnson Righeira. Pietruccio, Pepe e Lallo (con contorno di diversi comprimari) sono ancora sugli scudi, tengono centinaia di concerti all'anno e si definiscono "la memoria storica del beat".
Il loro segreto lo svela Pietruccio, 75 anni, splendida forma fisica che oggi alterna l'attività di artista a quella di scrittore, esploratore e scalatore. "Ci chiamavano affettuosamente gli impiegati della musica perchè eravamo persone normali, mentre gli altri gruppi inseguivano il surrogato della beat generation che era arrivato da noi". Speciale è stato il loro rapporto con Lucio Battisti. «Il 23 dicembre '64 lo incontrai in piazza del Duomo quando suonava nei Campioni di Roby Matano.
La sera andammo a sentirlo in un night e il giorno di Natale, era in giacca rossa, pantaloni neri e suonava una Fender rossa. Poichè era solo lo invitai a pranzo a casa mia. Mia madre gli regalò persino un paio di guanti». In breve i Dik Dik passarono sotto l'ala protettrice di Mogol e anche Battisti, che nel frattempo era riuscito a strappare un contratto. "i dirigenti della Ricordi ci chiesero di impedire a Lucio di cantare perchè la sua voce non era adatta, ma noi non glielo abbiamo mai detto. All'inizio le sue canzoni erano proprio brutte, poi cambiò qualcosa... Sparì nel suo monolocale al Giambellino con i dischi di Bob Dylan e dei Cream e quando tornò disse: a regà, ho capito tutto, ora non mi ferma più nessuno. Non so cosa avesse capito, ma i suoi brani divennero di colpo magici. Una cosa che nessuno sa è che un giorno venne a Milano Paul McCartney, per comprare il catalogo di Lucio".
Tra un ricordo e una canzone che ha segnato un'epoca (oltre a quelle citare Senza luce, versione italiana di un brano dei procol Harum, Eleonora credi,
versione italiana di The Weight di The Band, definita da Dylan la più bella ballata degli anni '70) un sogno che continua e che proseguirà in autunno in Usa, dove i Dik Dik vanno spesso e hanno un grosso seguito di italiani.
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