Il profeta, così veri criminali sono stati messi nel film

Il profeta è un film francese che racconta la vita di un giovane criminale che, dietro le sbarre, riesce a costruire un impero. Per rendere la pellicola verosimile, il regista chiese l'aiuto di veri criminali e carcerati

Il profeta, così veri criminali sono stati messi nel film

Il profeta è il film di Jacques Audiard che andrà in onda questa sera alle 21.08 su Rai 5 e che vede come protagonista l'attore Tahar Rahim nei panni di un criminale che passa dal tentare una goffa rapina al diventare un vero e proprio boss della malavita. La pellicola ebbe un enorme successo: dopo essere stata presentata al festival di Cannes ha ricevuto anche una candidatura ai premi Oscar come miglior film straniero.

Il profeta, la trama

Malik El Djebena (Tahar Rahim) è un diciannovenne con alle spalle una vita di stenti. Dopo aver passato l'infanzia e l'adolescenza tra riformatori e orfanotrofi, senza un briciolo di educazione scolastica, il ragazzo finisce in carcere per aver tentato una rapina. La prigione si mostra immediatamente dura per il diciannovenne, che si trova alle prese con un mondo fatto di violenza e corruzione. Nonostante questo, Malik viene scelto dal malavitoso César Luciani (Niels Arestrup) come suo uomo scelto per missioni scomode e difficili: la prima è quella di uccidere Reyeb (Hichem Yacoubi), un omicidio che serve a Luciani per temprare la fedeltà di Malik e che spingerà il ragazzo a fare i conti con i suoi sensi di colpa e le sue mani sporche di sangue. Nonostante questo, però, Malik riesce a farsi benvolere sempre di più da Luciani che comincia a dargli missioni sempre più difficili.

Mentre impara anche a leggere e a scrivere, Malik diventa una sorta di ponte tra il mondo esterno e quello della prigione: un ruolo che svolgerà anche per l'amico Jordi (Reda Kateb), uno spacciatore che ha bisogno di un uomo fidato per far sì che i suoi traffici vadano a buon fine. Quando, grazie alla buona condotta, Malik ottiene il permesso di uscire per mezza giornata dal carcere coglierà anche l'occasione di rivoltare le carte in tavola e prendere in mano il proprio destino.

L'utilizzo di veri carcerati

Alla base della nascita e della realizzazione di Il profeta c'era il desiderio del regista di portare nel cinema francese un film incentrato nel mondo oscuro e misterioso della prigione, in qualche modo ribaltando gli stereotipi che spopolano nel cinema francofono. Come riporta il sito francese Allociné, Jacques Audiard ha spiegato apertamente quali fossero le sue intenzioni, quando ha cominciato a occuparsi della realizzazione del film. Il regista, che con questo film vinse il Gran Premio della giuria al festival di Cannes, ha detto: "Volevo fare un film di genere, contemporaneo, che fosse però ambientato in un luogo che viene trattato poco, la prigione. E volevo che questa storia fosse trainata da un eroe che fosse veramente nuovo al cinema. Volevamo creare degli eroi a partire da figure che non si conoscono o che non hanno una rappresentazione iconica al cinema, come ad esempio gli arabi. In Francia, il cinema ha la tendenza a metterli in scena solo in contesti naturalistici e sociologici. Noi invece volevamo fare un puro film di genere, un po' al modo del western, che metteva in luce dei volti che non si conoscevano, per poi trasformarli in eroi."

Date le alte ambizioni di Jacques Audiard nel realizzare una pellicola che fosse insieme intensa, originale e iconica, non sorprende che il regista abbia inseguito anche un forte senso di verosimiglianza. Nel mettere in scena il contrasto tra la mafia della Corsica e gli arabi presenti ne Il profeta, Jacques Audiard voleva che niente venisse lasciato al caso. Per questo, come viene specificato sul sito dell'Internet Movie Data Base, il regista assunse degli ex galeotti e veri criminali come consiglieri del film. Il regista voleva rimandare sullo schermo una vita in prigione che fosse puntuale e credibile: per questo ha fatto ricorso a persone che avevano davvero vissuto quell'esperienza e che dunque potevano limare le scelte più narrative e romanzate per andare al nocciolo della questione, presentando la parte più cruda e macchiavellica del carcere. Il risultato fu un film così intenso e "reale" da far nascere anche una vera e propria polemica politica.

Allociné riporta che, dopo la presentazione del film al festival di Cannes, i corsi di Corsica Libera protestarono contro il film, dicendo che presentava un'indole razzista: il leader del partito Jean-Guy Talamoni chiese che venisse presentata una mozione chiedendo all'Assemblée De Corse di denunciare "gli attentati fatti all'immagine della Corsica e dei corsi da Il profeta". Si chiese inoltre che la popolazione "si mobilitasse per far sì che cessino queste diffamazioni".

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