Cultura e Spettacoli

"Racconto la magia di Bacalov ma poi ritorno subito sul set"

L'attrice del "Postino" oggi al Ravenna Festival. "Woody Allen? In scena è il più bello del mondo"

"Racconto la magia di Bacalov ma poi ritorno subito sul set"

Oggi (30 luglio) Maria Grazia Cucinotta sarà al Pavaglione di Lugo, ospite del Ravenna Festival. È narratrice in Una vita da film: Luis Bacalov, spettacolo di musica, teatro e cinema del regista Carlos Branca (Corvino Produzioni). Diva internazionale grazie al film Il Postino, Cucinotta è attrice, produttrice e imprenditrice particolarmente attiva in Cina. Matrimonio solido - 25 anni al fianco di Giulio Violati - e maternità riuscita - la figlia Giulia, serissima, a 18 anni già studiava Economia e Commercio - Cucinotta proietta lo sguardo oltre la cortina del Covid. Non mancano tuffi nel passato.

Come è nato il progetto su Bacalov?

«Il produttore mi ha contattato e io ho accettato subito. Prima di tutto perché ho sempre adorato Bacalov. Poi mi piaceva la squadra di lavoro. Non ultimo, il fatto che Bacalov avesse pensato proprio a me per questo spettacolo».

Bacalov vuol anche dire tango. Lo sa ballare?

«Lo adoro ma come ballerina sono imbranatissima».

Il prossimo film?

«Lo annunceremo a fine agosto. È italianissimo, scritto molto bene, lo giriamo in Calabria. Le riprese dovevano iniziare il 4 maggio ma il Covid ha scombussolato l'agenda».

Sempre innamorata della Cina?

«Vi sono andata 15 anni fa e sono riuscita a costruire quello che qui è quasi impossibile. In Cina hanno voglia di imparare. Lavorano tanto, tutti e senza lamentarsi. Si fa e si costruisce con l'esito che in questi due decenni il cinema è cresciuto del 49 per cento, un miracolo».

Riavvolgiamo il nastro. Cucinotta e i grandi del cinema. Ci racconti di Woody Allen.

«Al primo incontro, lo vidi timido, appartato e fobico, per cui mi dissi: Mah, forse l'ho divinizzato. Non appena iniziò a recitare, rimasi imbambolata. D'improvviso era diventato l'uomo più bello del mondo. Ha un carisma difficile da descrivere. Un fiume in piena di ironia».

Lavorò con Ridley Scott e Gérard Depardieu per lo spot Barilla.

«Fu una delle mie prime esperienze. Scott mi incoraggiò dicendo che avevo un viso adatto al cinema e che sarei dovuta andare a Los Angeles».

Cosa che lei fece. Che reputazione hanno le attrici italiane a Hollywood?

«C'è rispetto per la professionalità. Non conta se sei russa o cinese. L'importante è che tu faccia bene il tuo lavoro».

Quanto è affascinante Anthony Quinn?

«È un gigante, cosa chiara a tutti, però molto autoritario».

E che dire di Sir Anthony Hopkins?

«Lavorare con lui è stato un sogno diventato realtà. Lo guardavo e mi dicevo voglio respirare come respira Hopkins. Cercavo di assorbire un po' della sua bravura».

Nella serie americana I Soprano le chiesero di incarnare la tipica donna italiana. «Tipica» ovvero?

«Donna in senso assoluto, completa, con le palle. La pregherei di scrivere con le palle, non saprei trovare altra espressione».

Ha un diploma in analisi contabile. Quanto le è servito nella vita?

«All'inizio mi consentiva di risparmiare i soldi per il commercialista. Appena ho potuto, ho delegato perché il mio legame con i soldi è pari a zero e non sono fatta per la contabilità».

L'animo guerriero è eredità cromosomica paterna o materna?

«Viene da mamma, che tra l'altro il 14 luglio ha compiuto 90 anni, sono andata a Messina e l'abbiamo festeggiata. Le vere guerriere sono le donne».

Quanto è difficile essere mamma di una figlia femmina quando ci si chiama Maria Grazia Cucinotta?

«Si corre il rischio di essere ingombranti. Ho sempre cercato di fare tutte le cose che fanno le mamme, a partire dalle più semplici come andare al supermercato con i figli. Però cosa accadeva? Che mi fermavano dicendo peccato sua figlia non sia mora come lei. Quando è nata, scelsi di apparire il meno possibile, basta copertine, anche perché così avrei chiuso con l'assillo dei paparazzi. Erano un incubo. Così mi sedetti a un tavolo con mio marito e decidemmo di troncare con questo inferno. Volli sparire. L'ennesima copertina non avrebbe aggiunto nulla».

Quale è stata la scena più pericolosa che abbia mai girato?

«In 007 mi sentivo sempre molto protetta, al sicuro. Col senno di poi, pensare che avevo trascorso dieci giorni in mongolfiera a 100 metri da terra, beh ora provo un po' di brividi. Forse la scena in assoluto più pericolosa fu l'attraversamento del Tamigi sul motoscafo schivando i vari ostacoli, eravamo in sicurezza e va bene, però...».

Lunedì ha compiuto gli anni. Malinconica?

«Veder trascorrere il tempo è una fortuna. Vuol dire che sei viva.

Inviterei chi si lamenta a fare volontariato in certi reparti d'ospedale, in quello oncologico per esempio».

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