Radiogiornale

La parola d'ordine dello Zoo di 105 è anarchia. Un'anarchia quasi sempre volgare, ma indubbiamente istintuale e molto creativa, che ha trasformato questo programma in uno dei must della radiofonia. Da qui nascono tormentoni, modi di dire, indignazioni, reprimende, equivoci, tutto in una atmosfera scatenata e surreale che l'ideatore Marco Mazzoli riesce a conservare sempre tesa e impertinente. Ma quando uno show è abituato a interpretare la realtà, a piegarla alle proprie opportunità e a colorirla con il più alto tasso di fantasia in circolazione, il problema è poi fare i conti con la credibilità. Insomma è accaduto che la scorsa settimana sui profili social dello Zoo e (anche) su quelli individuali di Mazzoli e Fabio Alisei sono stati pubblicati commenti molto preoccupati sullo stato di salute di Leone Di Lernia, uno dei personaggi più amati dello Zoo (oltre che anima storica di un certo trash musicaltelevisivo). In un contesto normale, la reazione sarebbe stata quella del silenzio partecipe oppure del cordoglio unanime. Invece stavolta molti, legittimamente, non ci hanno creduto, pensando all'ennesima provocazione di questa squadra di radio corsari. Polemiche sui social. Articolo dubitativo di Dagospia. Minacce e dubbi e proteste.

Perciò, quando è diventata ufficiale la notizia della scomparsa di Leone Di Lernia, si è definito il vero ruolo dello Zoo, condannato a essere sganciato dalla realtà pur raccontandola ogni giorno. E un programma che non riscuote fiducia neanche quando annuncia l'agonia di uno dei volti più noti forse dovrebbe ridisegnare meglio i propri confini.

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