Cultura e Spettacoli

La Rai pauperista bacia la pantofola a san Dario Fo

"Francesco" sarà anti-capitalista e contro i poteri forti. Viale Mazzini si scusa (troppo) col comico per "come sono andate le cose in passato"

Dario Fo in scena nello spettacolo "Lu Santo Jullare Francesco"
Dario Fo in scena nello spettacolo "Lu Santo Jullare Francesco"

Improvvisamente e, solo casualmente in simultanea con il suo ritorno in prima serata sulla rete ammiraglia - la prossima domenica - la Rai, assicura Dario Fo, «sta ricostruendo la propria autonomia e ci sono ottimi primi segnali». Dopo Beppe Grillo reietto per una ventina d'anni e riabilitato da Bruno Vespa in vista del voto europeo, tocca al premio Nobel per la letteratura e giullare squinternato, riassaggiare dopo quasi quarant'anni i riflettori della ribalta dalla quale fu allontanato una prima volta nel 1962 (per un sermone durante Canzonissima sulla mafia e le morti bianche nell'edilizia) e poi nel 1977 per il Mistero Buffo trasmesso da Raidue ma risultato indigesto alle alte sfere politiche dell'epoca. Vedremo come andrà domenica sera...

Intanto, grandi onori di casa al peccatore non pentito, di cui con una certa enfasi è stata annunciata la performance teatrale registrata all'Auditorium di Napoli. Un aggiornamento in base a nuovi studi di Lu Santo Jullare Francesco, spettacolo scritto una quindicina d'anni orsono, per l'occasione abbreviato nel lapidario Francesco, nell'intento di sovrapporre la figura del santo di Assisi con Bergoglio che ne ha tratto il nome di Papa. Il tutto preceduto da un breve dialogo in argomento tra Fo e Mika, grande estimatore del premio Nobel.

Ma dicevamo dell'enfasi. La serata di domenica il direttore di Raiuno, Giancarlo Leone, l'ha presentata come un grande evento: «Più che portare il teatro in televisione, stiamo portando il grande teatro di Dario Fo su Raiuno», ha detto convinto. E ancora: «Questa la vedo anche come l'occasione per chiedere scusa a Fo se certe cose in passato non sono andate come dovevano andare». Tappeto rosso e squilli di tromba con implicita ammissione di colpa. A differenza del figliol prodigo che aveva deciso di cambiar vita, e nonostante Fo perseveri nel volere dar lezioni di spiritualità e storia religiosa, la Rai ammazza ugualmente il vitello grasso offrendo la prima serata della rete di punta. Poteva non ricambiare il teatrante filogrillino? «La Rai - ha detto Dario Fo - è finalmente libera, dopo che per anni ha vissuto una situazione molto difficile per colpa di un signore che vi è saltato dentro a piè pari per gestirla». Tutta colpa dell'odiato nemico e concorrente. E cancellati d'un colpo, con l'eccezione confermativa del Mistero buffo, gli anni dal 1962 all'avvento della seconda Repubblica, durante i quali non risulta che Dario Fo e Franca Rame fossero di casa in Viale Mazzini.

Oggi però la tv pubblica è improvvisamente libera, e lui ha ritrovato «lo slancio, la qualità, la partecipazione di strutture e tecnici Rai che sono di altissimo livello e con cui, lavorare, è un grande piacere». Per il resto, quantunque Fo stesso si definisca «ateo, marxista, leninista e seguace di Darwin», ora può assurgere a maestro nello spiegare ai telespettatori di Raiuno perché papa Francesco è un rivoluzionario. Uno che, come ha scritto di recente su il Fatto quotidiano, «prende posizione contro il mondo degli affari e del grande business internazionale». Perché, come ha ripetuto ieri in sede di presentazione dello show, non sono poche le somiglianze tra il «pontefice sudamericano che si lancia senza mezze parole contro vescovi e cardinali troppo spesso sedotti dal denaro e dal potere» e il santo medievale che si è messo a lottare «contro i politici, la corruzione della Chiesa, dello Stato, degli uomini». Insomma, Francesco d'Assisi e Francesco da Buenos Aires sarebbero entrambi due spiriti ribelli e anticapitalisti, schierati contro la corruzione, i poteri forti e le multinazionali. In sostanza, una versione solo un po' più spirituale di Che Guevara. E pazienza se ogni tanto a Papa Bergoglio scappa di parlare di Gesù Cristo e del bisogno di conversione dentro e fuori la Chiesa. Alla riduzione politico-sociale del suo pontificato cominciamo ad abituarci. Chissà se anche il grande pubblico di Raiuno è abbastanza avvertito.
E, per finire, chissà con quale compassione in Vaticano sarà seguito lo show.

Forse, nel presentarlo, sarebbero stati opportuni toni un po' meno altisonanti.

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