Poca vita, ma tante vite. Così plurali da essere troppe: quasi niente, alla fine. Sono Le vite potenziali, come si intitola il romanzo di Francesco Targhetta (Mondadori, pagg. 252, euro 18; in uscita il 27 marzo), poeta di Treviso che per raccontare la realtà di oggi l'ha cercata in quanto di meno poetico si possa immaginare: una start up di informatica alla periferia di Marghera, nella cementificata via delle Industrie, in un paesaggio (esterno) che ricorda Chernobyl e in un ambiente (interno) abitato da programmatori, codificatori, matematici - in pratica, un covo di nerd. Qui le vite potenziali sono, appunto, la realtà. La Albecom - così si chiama l'azienda - è di proprietà del trentacinquenne Alberto, che «ha la tautologia nel sangue», ovvero un solo principio ispiratore: la chiarezza assoluta. Ci lavora Luciano, il suo amico dai tempi della scuola, quando entrambi scoprirono la passione per i computer: la loro occasione di riscatto nei confronti dei bulli e anche di divertimento perché, in fondo, programmare è giocare. Luciano è rimasto un ragazzo, programmatore «della vecchia scuola», Alberto è diventato un manager ambizioso; l'azienda va a gonfie vele. Certo, Alberto non è più un «Leopardi nell'era digitale», è uno che di fronte a un tramonto immagina di crearci una App ed è orgoglioso di essere uno dei pochi ad avere trovato una fidanzata nel XXI secolo senza l'aiuto dei social... E Luciano, beh, è uno che sogna di «sottrarsi al mondo», anche se la speranza - leggi: l'innamoramento per qualche bella ragazza, come la barista Matilde - non si spegne mai. Un bueno, avrebbe detto Cervantes.
L'identità si sgretola fra internet e bachi: ciascuno ha il suo, e tutti stanno chini a sbrogliare i propri, e a disincastrarli da quelli altrui. Il confine tra reale e virtuale è così labile, che forse non ha più significato distinguerli. Così sembra suggerire Ernesto Aloia nel suo La vita riflessa (Bompiani, 2018), un altro romanzo italiano che si confronta con il tema dell'identità ai tempi dei social. Anzi, nel caso di Aloia, dell'ultrasocial Twins, creato dai protagonisti Greg e Marco: un network che permette di creare una identità «potenziata» (virtuale, ovviamente) e che ha un tale successo da trasformare la vita delle persone in tutto il mondo.
L'identità perduta tra la realtà e il suo specchio digitale si recupera solo immergendosi nel doppio mondo. Così doppio che sembra uno solo. Però anche Aloia, all'inizio del romanzo si appiglia a un poeta. Cita Rimbaud: «Ad ogni essere, mi sembravano dovute diverse altre vite».
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