La recensione

L ui va giù duro. Basta la chitarra dell’iniziale Quando canterai la tua canzone, così ruvida così rock, per capire che Ligabue è più immediato e più ironico, ed è entrato nei suoi anni Cinquanta con una voglia inedita di raccontare la realtà attraverso se stesso e non viceversa come spesso gli è riuscito. Più che del Bar Mario, ora si parla del barista (cioè Ligabue). D’accordo, Un colpo all’anima, con un bel bridge centrale, è già il più trasmesso dalle radio. Ma comunque Arrivederci, mostro! è il disco più vario di Ligabue. Forse dipende anche da Corrado Rustici, qui per la prima volta produttore, un italiano che respira musica a San Francisco (è suo il favoloso assolo di chitarra in Ci sei sempre stata). A lui probabilmente si deve il suono vincente, quasi noise eppure vellutato, di La verità è una scelta, brano migliore del disco.

O più semplicemente il merito è della nuova vena di Ligabue, che alle sue ballate come Ci sei sempre stata aggiunge il divertissement di Taca banda, con il figlio undicenne Lenny alla batteria o l’esistenzialismo poetico de Il peso della valigia tanto per confermare di essere l’unico davvero capace di parlare a tutti.

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