Una regia kolossal tra sangue, passioni e lampi di guerra

Ha debuttato ieri alla Scala di Milano Francesca da Rimini, dopo 59 anni di assenza

Una regia kolossal tra sangue, passioni e lampi di guerra

Ieri sera ha debuttato alla Scala Francesca da Rimini, opera assente a Milano da 59 anni. Accoglienza calorosa con dieci minuti di applausi. L'opera di Riccardo Zandonai, su libretto tratto dall'omonima tragedia di D'Annunzio, canta l'amore adultero di Paolo e Francesca: i due cognati trascinati da una passione sconvolgente. Amori e guerre sono gli ingredienti chiave di questa Francesca da Rimini monumentale, con 15 personaggi in scena, più masse corali. Il regista David Pountney e lo scenografo Leslie Travers sono gli autori applauditi (rotta la consuetudine dei buu di rito al regista?) della nuova produzione scaligera. Ne hanno tratto un kolossal con statue alte sei metri, aerei in omaggio al poeta aviatore, libri galeotti, all'occorrenza alcova, di dimensioni ciclopiche. E ancora, plotoni di soldati che fra saluti romani e divise fasciste spostano la vicenda medievale di guelfi vs ghibellini nell'immediato primo dopoguerra. Sul podio, il direttore d'orchestra Fabio Luisi, che ha raccolto un successo personale: abile nel ricavare dall'orchestra il lusso straussiano, trasparenze francesi e il post-verismo di cui si sostanzia l'opera di Zandonai, in perfetto equilibrio. Nel ruolo del titolo Maria José Siri, a dar voce a Paolo il bello c'era il bell'argentino Marcelo Puente, Gabriele Viviani vestiva i panni di Gianciotto, mentre il personaggio più torvo dell'opera - Malatestino dall'Occhio - era Luciano Ganci. Il sangue dei delitti di famiglia si mescola con quello dei conflitti tra consorterie e fazioni politiche. Tenuta a battesimo all'alba del 1914, l'opera è poi debitrice degli umori della Grande Guerra. La regia fa dialogare il tema dell'amore e della guerra, entrambi erano Piaceri dannunziani. Non mancano i riferimenti alle imprese del Vate, così, accanto ad armature antiche, ecco le divise d'arditi a Fiume, quindi l'aereo del volo su Vienna. In scena domina un cilindro. È la torre d'avorio di Francesca. Il cilindro si apre e chiude lasciando intravedere una mare di sangue, ma anche trasformandosi in una tremebonda macchina da guerra. Francesca è intenta ad amare, sognare, leggere, così come è pronta a gettarsi in battaglia.

La sensualità degli amanti si scontra con la ferocia dei due fratelli di Paolo, l'uno guercio e l'altro sciancato, entrambi sanguinari. Francesca è adultera, ma a conti fatti è una sposa bambina cui toccano nozze scomode. Veste bianco candido, ma anche rosso vivo, con ori alla Klimt. All'occorrenza indossa gli abiti cupi della guerra.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica