Cultura e Spettacoli

La regina è al cinema con "Elisabeth": ritratto pop di un’icona vivente

Un documentario affettuoso che è un mosaico di filmati d’archivio su una sovrana unica nel suo genere, raccontata nei suoi doveri di rango ma anche in momenti informali

La regina è al cinema con "Elisabeth": ritratto pop di un’icona vivente

Elisabeth, da oggi e per soli tre giorni nei cinema, è il documentario a tinte pop sulla Regina Elisabetta del regista Roger Michell, già autore di “Notting Hill” e purtroppo deceduto lo scorso Settembre.

Dimenticate gli omaggi alla corona in stile canonico, di quelli in cui la linea narrativa segue quella cronologica e la solennità domina l’insieme: questo è un ritratto familiare che inquadra la monarchia come un grande spettacolo e la regina come fosse un ibrido tra una star del cinema e il personaggio di una favola.

“Elisabeth” è un collage di filmati d'archivio montati a flusso di coscienza, un’opera impressionista che tratteggia, in maniera moderna e con contrappunto musicale divertente, l'immagine di quella che viene ritenuta prima di tutto una grande professionista.

Il documentario punta a far emergere l’essere umano che sta sotto alla corona, il lato personale e vivace nascosto dietro i continui cerimoniali imposti. Osserviamo come la regina sia cresciuta in un ruolo che ha assorbito fin da piccola, accanto al padre, e come abbia interiorizzato fin da allora di avere degli obblighi cui mai venire meno nella vita.

La sovrana si fa voler bene proprio perché è evidente come sia un essere umano che ha accettato con responsabilità un destino impegnativo e ha tenuto fede all’impegno come nessuno avrebbe potuto fare meglio, incarnando la mistica della regalità. Imperscrutabile durante la natura ritualizzata della sua giornata, ha per oltre sette decenni partecipato a funzioni statali e protocolli infiniti senza mai negare il sorriso (paragonato dal regista a quello della Gioconda). Anche in malinconiche occasioni ufficiali, la personalità di Elisabetta emerge attraverso battute estemporanee dall’arguzia ironica, in puro stile british.

Per 89 minuti osserviamo come un’icona sia tale proprio perché resta in piedi nonostante le tempeste. Vari primi ministri si sono avvicendati durante il suo lungo regno, il mondo attorno diventa sempre più irriconoscibile, ma non lei: faro di stabilità, esempio di abnegazione e figura di famiglia per i suoi sudditi.

La sovrana diventa però irresistibile quando è informale, come ad esempio durante il tifo alle corse dei cavalli: la spontaneità è quella di una bambina e per questo conquista. Non a caso la vediamo molto commossa quando deve congedarsi dallo yacht reale, il “Britannia”: era uno dei luoghi in cui aveva assaporato la libertà, lontana dalle restrizioni del ruolo reale, giocando sul ponte come una ragazza qualsiasi.

Sono tante le immagini scelte per ammorbidirne la figura. Si fa raccontare ad esempio a Paul McCartney quanto ai tempi fosse ritenuta seducente dai ragazzini, oppure la si coglie al cospetto di celebrità come Marilyn Monroe, Peter O'Toole o Sophia Loren, il cui carisma esce ridimensionato.

In “Elisabeth” ci sono menzioni passeggere ad avvenimenti tragici come l’incendio del castello di Windsor e la morte di Lady Diana, ma servono solo a evidenziare come nulla possa compromettere la granitica tenuta di quello che è il punto di riferimento per eccellenza di un intero Paese. Si capisce che Elisabetta meriti rispetto non tanto in virtù del suo sangue reale, bensì nonostante l’anacronismo di ciò che rappresenta. Come a dire che è la Corona a doverle qualcosa: se ancora oggi la monarchia mantiene una sacralità è in nome del sacrificio e della maestà con cui è retta da questa donna.

L’eclettismo allegro dei brani della colonna sonora e i filmati relativi a imitazioni televisive servono a stemperare la deferenza indiscussa per la sovrana.

La sporadica e affettuosa irrisione fa sì che “Elisabeth” non sia un’agiografia acritica, bensì il racconto di come una ragazzina abbia mantenuto il sorriso nel dedicare la sua lunga vita all’essere all’altezza del proprio ruolo.

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