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Ritirare il Nobel a Handke? Che assurdità

Ritirare il Nobel a Handke? Che assurdità

Il Premio Nobel allo scrittore austriaco Peter Handke ha scontentato molti. Peter Handke ha sostenuto posizioni impopolari sulla guerra civile che ha devastato i Balcani dopo il crollo della Jugoslavia. Handke infatti si rifiutava di addossare tutte le colpe ai serbi e partecipò, anche come oratore, ai funerali di Slobodan Milosevic. Per questo sarebbe indegno di ricevere il Nobel per la letteratura. Si ripropone l'eterna questione: la biografia di un autore è decisiva per giudicarne l'opera? L'Accademia di Svezia ha premiato l'opera di Handke, facendo esplicito riferimento alle sue qualità di scrittore ingegnoso e aperto a soluzioni formali insolite. Su questo punto, c'è poco da obiettare. Al di là dei gusti personali, non si può negare che Handke sia un autore che dà lustro al Nobel (e non viceversa). Ma a colleghi come Salman Rushdie e David Lagercrantz non va giù. Hanno protestato anche il presidente dell'Albania e soprattutto le Madri di Srebrenica, associazione dei famigliari delle vittime della strage compiuto dall'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina guidato dal generale Ratko Mladic. Ottomila cittadini della Bosnia musulmana furono massacrati. Si parla di Nobel insanguinato e di ritiro del Premio. Handke ha affrontato il tema in molte occasioni ma in particolare è sotto esame il libro Un viaggio d'inverno ai fiumi Danubio, Sava, Morava e Drina (Einaudi, 1996). Handke ha sostenuto queste tesi, che si possono leggere per intero in un dossier facilmente rintracciabile in Rete: la Serbia non è l'unica responsabile della guerra civile; la creazione di uno Stato musulmano, la Bosnia, al centro dei Balcani non ha alcuna giustificazione storica; i serbi hanno compiuto crimini di guerra (tra cui Srebrenica) ma croati e musulmani bosniaci non sono stati da meno; durante il vergognoso assedio di Sarajevo anche i musulmani, all'inizio, hanno utilizzato i cecchini per tirare sui quartieri serbi; il bombardamento Nato su Belgrado è fuori da ogni legalità; Milosevic non è stato un despota comunista sul modello Ceausescu; il tribunale dell'Aja è illegittimo perché rappresenta soltanto i vincitori; i media si sono sdraiati sulla versione di parte croata; la Germania unita, in fase di espansione economica, vuole essere circondata solo da piccoli Stati: per questo l'Europa vuole smembrare la Jugoslavia. Naturalmente queste affermazioni non erano un segreto e sono già state discusse e stroncate in molte occasioni. Handke ha anche già subito il ritiro di un premio prestigioso, quello intitolato a Heinrich Heine. Il nuovo Nobel si è difeso affermando di aver parlato da scrittore, non da giudice o da storico. Era stufo della lingua stereotipata e unilaterale dei media. Qualcosa deve aver contato anche l'origine della famiglia, proveniente dalla Carinzia slovena, e una certa nostalgia per la Jugoslavia che riusciva, a suo dire, a tenere felicemente assieme etnie diverse. In ogni caso, le polemiche nulla tolgono al valore di romanzi come Prima del calcio di rigore o I calabroni. Se dovessimo valutare la caratura di un artista con il metro delle sue idee politiche o della sua moralità, non si salverebbe quasi nessuno. E il Premio Nobel dovrebbero consegnarlo, ad anni alterni, a Salman Rushdie (che non scrive un buon libro dai tempi dei Figli della mezzanotte, 1981) o a David Lagercrantz (che un buon libro non l'ha mai scritto). Si condannino pure le idee di Handke.

Ma il Nobel per la letteratura è meritatissimo.

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