Ritornano i Duran Duran "Da Fellini a Hitchcock il nostro pop da cinema"

Dopo cinque anni la band ha inciso il disco "Paper gods": "Chi dice che si fa buona musica solo a inizio carriera e poi si passa il tempo a scrivere il testamento?"

Ritornano i Duran Duran "Da Fellini a Hitchcock il nostro pop da cinema"

Entrano in fila uno dietro l'altro, ciao ciao siamo i Duran Duran. Soho Hotel, a pochi passi da Piccadilly Circus. Una volta tante volevano sposare Simon Le Bon, che a ottobre compirà 57 anni, e in realtà solo per poco tempo è stato tra i wild boys tutto sesso e divertimenti. Ora molti di più ascoltano i Duran Duran, che sono l'araba fenice del pop, colossali poi disfatti poi risorti: in totale oltre 120 milioni di copie vendute e un'epoca segnata dal loro pop romantico che in realtà distillava rock e punk. «Chi ha detto che le band fanno il meglio all'inizio e poi passano il resto della carriera a scrivere il testamento?», conferma John Taylor che ha appena compiuto i suoi invisibili 55 anni. Però poi dopo poco la band spiega che i dischi preferiti sono quelli dei primi Prince, Madonna, U2, Cure, insomma tutti artisti che ora sarebbero in fase testamentaria... In ogni caso dopo un lustro, a settembre uscirà Paper gods , un disco che nessuno si sarebbe immaginato trent'anni fa quando i Duran Duran sembravano una boyband usa e getta: è pieno zeppo di ospiti super chic (da Janelle Monae nel singolo Pressure off a John Frusciante a Lindsay Lohan a Nile Rodgers che produce con Mark Ronson) ed è un disco vecchia maniera, ossia con un senso dall'inizio alla fine.

Pop. Funk. Elettronica.

«Paper gods, ossia gli dei della carta, può riferirsi a tante cose, dai grandi editori fino a chi ha tanti soldi, non abbiamo avuto un obiettivo preciso. Comunque ora tutto è compresso in pochi bytes, dai libri alle foto», aggiunge il neo cinquantacinquenne sempre molto pungente. A lui tocca questo ruolo. A Nick Rhodes quello del visionario: «Siamo sempre stati ispirati dal cinema e anche in Paper gods uno dei brani, Only in dreams , ha preso spunto da alcune tavole disegnate da Salvador Dalì per Io ti salverò di Hitchcock». Un filmone onirico con Gregory Peck e Ingrid Bergman.

E se la psicanalisi piaceva a Hitchcock per spalmare sulle trame i sensi di colpa e i loro effetti, l'analisi di un disco serve a Simon Le Bon per andare indietro nel tempo, vestire una tshirt con un enorme 1978 stampato davanti (è l'anno in cui è nata la band) e ricordare addirittura Fellini: «L'abbiamo incontrato a Cinecittà quando girava il suo ultimo film La voce della Luna . E ci disse scherzando: “Dovrò andare dal medico perché i miei appetiti sessuali sono ancora troppo esuberanti ma si fermano in testa e non scendono più in basso...”». Risate. I Duran Duran sono scesi molto in basso, almeno parlando di carriera. E per tanti anni sembravano destinati al museo delle cere, legati per sempre al bel tempo che fu, insomma erano quelli belli e maledetti dal successo volatile. Poi, pian piano, sono ripartiti e più o meno da dieci anni, cioè da Astronaut del 2005, non ne sbagliano una, azzeccando un primo posto dopo l'altro e, soprattutto, una bella recensione dopo l'altra. «Siamo rinati quando abbiamo capito che non contano le vite private, contano le storie di ciascuna band. I Beatles sono il classico esempio di una band sciolta troppo presto», rincara John Taylor prima che Nick Rhodes, biondissimo e stralunato, visioneggi a modo suo: «Con il tempo si diventa più comprensivi. Si arriva a un punto nel quale si sta bene come uomini e come band». Frasi perfette per lanciare John Taylor: «A 19 anni chi pensa che cosa sarà a 50? Ora - esagera - siamo qui per l'eternità».

Magari avranno una durata un po' meno lunga, appena un po', però queste nuove dodici canzoni contribuiscono a dare lunga vita a un gruppo che, sorpresa!, ai concerti non si trova soltanto nostalgici degli anni '80. E se i Duran Duran sono una band arrivata quantomeno alla quarta vita, i fan sono già alla terza generazione. Come spiega Simon Le Bon, ancora vincente nel confronto di sex appeal con l'ex rivale Tony Hadley degli Spandau Ballet, «in You kill me with silence c'è il più bell'assolo di tastiere di Nick, il più bello che abbia mai ascoltato».

Come a dire, in questa saletta di un albergo in centro a Londra, che loro non hanno ancora passato il testimone della buona musica. E, anzi, alla faccia di chi pensava scadessero più veloci di uno yogurt, oggi la suonano meglio di prima.

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