Più che la capacità di cadere e rialzarsi, Irama ha la forza di farlo continuando a crescere. Mentre l'altra sera alzava la coppa di Amici, il 22enne che ha battuto gli altri cantanti Carmen ed Einar era diverso dal 19enne bocciato nel 2015 ai casting proprio di Amici e anche dal 20enne che ha lasciato tracce sul palco di Sanremo Giovani 2016 pur trovandosi a gareggiare con Ermal Meta e Francesco Gabbani. A proposito, lui e Gabbani sono nati entrambi a Carrara: «Sono un carrarino anche io, ma non ci siamo mai incontrati perché io ho vissuto a Monza e tornavo in Toscana solo per trovare i miei parenti».
In ogni caso, al netto delle valutazioni artistiche, Filippo Maria Fanti detto Irama è un'altra bella favola del pop che, come tutte le favole, è fatta di gloria (ora) ma anche di sacrifici, voglia di buttare tutto via e resurrezioni quando tutto sembra finito. Ed è anche, pur essendo nel campo volatile della musica leggera, un esempio per la sua generazione, sempre più disposta ad abbandonarsi all'inedia di volontà sacrificando le ambizioni sul solito altare del vittimismo, dei complottismi, del tanto ci vogliono solo raccomandazioni. «Nella vita ci sono miliardi di porte che si chiudono ma anche miliardi di portoni che si aprono», spiega lui oggi che ha appena vinto il diciassettesimo Amici e quindi si concede un'overdose di ottimismo. Maria De Filippi, scherzosamente, lo chiama «paranoia» perché «ha la paranoia di tutto, è persino geloso di chi il prossimo anno sarà al suo posto ad Amici».
Dai dettagli spesso si coglie l'artista e di certo Irama (che in malese significa «ritmo») ha così tante sfaccettature da essere di difficile catalogazione. Parlando della sua provenienza geografica, ma alludendo anche alla sua matrice musicale, lui si definisce «un ibrido, non certo un purosangue». E difatti nel corso della finale ha viaggiato su latitudini musicali quasi estreme, passando abbastanza agilmente da Monster di Eminem (con Elisa nella parte di Rihanna, il miglior duetto) fino a Mi sono innamorato di te pubblicato da Luigi Tenco nel 1962. «Io sono cresciuto con i cantautori, ascoltavo De André come una favola della buonanotte e Guccini è uno dei miei miti sin da quando non capivo neppure il testo dell'Avvelenata. Certo, loro sono i vecchi cantautori, poi ci sono i nuovi come Ermal Meta e infine c'è Vasco, che è fuori classifica perché lo ascoltano a 2 anni come a 70. Qui ad Amici sono rimasto impressionato dalla potenza della voce di Rita Pavone». Lei gli ha subito risposto via social: «Che gentile. Gli auguro di cuore una grande e lunga carriera». Confronto tra generazioni distinte e distanti.
Per Maria De Filippi «quando ad Amici è venuto a trovarci Ghali, i ragazzi mi sembravano molto meno emozionati di quando sono venuti Gianni Morandi, Ornella Vanoni o Gino Paoli». Pronta la risposta: «Lui ha ancora tanto da dimostrare, loro lo hanno già fatto».
Però attenzione.
Questo ragazzo che ha due piume per orecchini («Sono la mia forza, non mi riconoscerei senza»), non è un nostalgico per finta o sbrigativa convenienza: «È troppo facile credere nel luogo comune che prima era meglio». Lui, che sa usare «addirittura» il passato remoto quando spesso i ragazzi usano il presente anche al posto del condizionale, certo finora non avrebbe potuto pensare che prima fosse meglio. Due bocciature consecutive in un'epoca che, se va bene, te ne concede una e poi tanti saluti. Già non è solare, anzi, e come potrebbe esserlo lo scherzoso «paranoia». Però ora è ovviamente frastornato dalla felicità, non sa neppure come utilizzerà i 150mila euro del montepremi e i ventimila euro del premio di Radio 105 («Ehm... non so, boh..
.» farfuglia), ma ha le idee chiare di chi per anni ha avuto soltanto quelle per continuare a sperare: «Se non ti metti in gioco, invecchi prima». Sante parole anche per molti suoi coetanei già invecchiati senza saperlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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