Cultura e Spettacoli

Salmo: "Basta computer, musica vera"

Il rapper sulla nave con i fan. «La trap italiana la fanno i figli di papà»

Salmo: "Basta computer, musica vera"

da Olbia

Questo tempo «ha bisogno di parole», dice Salmo. «Anche volgari, dure: devono uscire e colpire». Pure se il tema è l'amore: «Non si può raccontare solo la poesia, no? Non c'è mica solo quello. Ci sono anche la pelle, i gesti, le mani sul sedere, l'ho scritto in Il cielo nella stanza. A te non capita col tuo fidanzato?», chiede, diretto, anche a chi dovrebbe stare lì a fare le domande. Questo tempo, però, ha anche, di nuovo, bisogno di suono, non bastano più solo i bit. Perché, se ogni tempo ha le sue parole e quelle di oggi appartengono al rap, potrebbe trattarsi di una fase: «Tutto è in evoluzione», osserva. Quindi «tornerà il rock», torneranno le chitarre e le frasi urlate nel microfono. E Salmo lo sa: lui che da ragazzino, nella periferia di Olbia, era «uno dei quattro o cinque che rappavano» in tutta l'isola; bisognava «andare a Cagliari per sentire quelli bravi». Gli altri invece erano «metallari». Ora? «Dove sono i Nirvana? Dove sta la gente di 27 anni che suona? E' incredibile che per sentire rock uno debba venire al mio concerto. Ma io faccio rap, non rock».

Oggi, che tutti pensano di avere il flow, lui rivendica: «Ormai non suona più nessuno, sono rimasto solo io. Ma quella è la base: non puoi pensare di creare la musica soltanto da un computer». O meglio, «prima ci sono gli strumenti»... mettetevelo bene in testa, sembra raccomandare ai suoi epigoni, venuti dopo la generazione sua, di Gue e Fibra: «Non puoi pensare che non serve imparare a cantare, tanto c'è l'autotune». Torneranno, quindi, «l'hard core» - «pensate a Speranza e a Pericolo» - gli ostinati sulle corde del basso, le vocali lunghe, a cui dovrà lasciare il posto la prosa sincopata dell'hip hop. O della trap? Non gliene parlate: «La ascolto. Ma quella italiana è come la birra diluita con l'acqua: è per chi vuole vincere facile, infatti la fanno i figli di papà».

E' un dialogo sulla musica e sulla ricerca quello che intrattiene Salmo, (all'anagrafe Maurizio Pisciottu) con i giornalisti, a bordo della Red Bull Open Sea Republic, la nave partita da Genova diretta a Olbia (e ritorno) dove ha ideato il suo festival di musica galleggiante. Un rapper di 35 anni, un artista schivo - d'altronde è sardo, e fino ai 27 anni voleva scappare, ma oggi ha «come il mal d'Africa» per la sua isola - ma anche uno che quando arriva sul palco, a chiudere una serie di 30 concerti durata tre giorni, davanti a 850 ragazzi, spacca tutto aprendo con 90 minuti (forse il suo singolo più famoso) e chiudendo con un'anticipazione del prossimo disco, appena 30 secondi di un brano. La sua dimensione, si vede, è vicino a quelli che riverberano con le labbra i suoi testi. Non in televisione, che gli era stata proposta con XFactor: «In questa vita devi scegliere, o i soldi o la musica.

Nel programma mi sarei scavato la fossa, invece volevo scrivere».

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