I tempi cambiano, le attrici invecchiano e le più giovani sono sempre più bruttine, oppure insignificanti - Cannes, per esempio, si è rivolta alla cinquantenne Monica Bellucci, non a una delle ultime leve, per spandere vero glamour sulla Croisette -, sicché non sorprende poi molto che la prossima edizione della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia non avrà una madrina, ma un padrino (non succedeva dal 1998, quando Alessandro Gassman condusse, ma con Livia Azzariti, la serata di apertura).
A inaugurare e concludere il festival toccherà ad Alessandro Borghi, ora sui nostri schermi con Fortunata di Sergio Castellitto: fa il tatuatore Chicano, perché è un tipo apparentemente estremo. Diventato famoso (stiamo parlando di addetti ai lavori, comunque) grazie a Non essere cattivo di Claudio Caligari, Borghi è tagliato per i ruoli da duro di periferia. Come dimostra la sua apparizione in Suburra di Sergio Sollima, dov'era il criminale Numero 8. Un attore di nicchia, si penserà. In effetti è così: chi ha visto Il più grande sogno di Michele Vannucci, o il corto di Gabriele Mainetti Nyngo, dove il padrino del Lido recitava? Tuttavia, la critica lo ama: due nomination ai David di Donatello nel 2016, per Non essere cattivo; il Premio Graziella Bonacchi dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici, Ciak d'oro Rivelazione dell'anno per Non essere cattivo e Suburra, candidato ai Nastri d'Argento per Fortunata e Il grande sogno, il padrino di Venezia, nato a Roma, dove ha fatto lo stuntman, è già sul set partenopeo di Napoli velata, regia di Ferzan Ozpetek.
In spot e videoclip, fiction (Distretto di polizia, Ho sposato uno sbirro) e corti, Borghi, aria decisa e occhi blu, è un emergente classe 1986, coccolato dallo star-system capitolino. Chissà se, al Lido, dovrà fare anche lui le classiche foto in spiaggia a spalla nuda.
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