Cultura e Spettacoli

Dalla Sardegna fino alla Puglia Ecco cosa resta dei festival jazz

Dalla Sardegna fino alla Puglia Ecco cosa resta dei festival jazz

Negli anni scorsi si usava spesso, proprio in questi giorni, tracciare un sunto dei maggiori festival musicali italiani (di jazz, ma in senso ampio) tenuti in agosto. Personalmente, e non sono il solo, continuo a ritenere che i nostri festival dell'ottavo mese siano i migliori perché, a differenza dei loro confratelli di luglio, non cercano di attirare spettatori a ogni costo. Come poi facciano a far quadrare i conti non so. Però siamo tutti consapevoli delle loro ansie senza fine, specialmente dei più importanti (Time in Jazz di Berchidda in Sardegna, Roccella Jonica in Calabria, Ai Confini fra Sardegna e Jazz di Sant'Anna Arresi). Sono sempre riusciti a galleggiare. Ma un anno fa, perdurando la crisi economica generale, in settembre si sono letti articoli che non nascondevano previsioni inquiete. Purtroppo si sono avverate.

Delle tre rassegne citate, se l'è cavata degnamente soltanto Time in Jazz (9-18 agosto, compresi due giorni a Sassari) culminata con l'ottimo trio di Dave Holland contrabbasso, Kevin Eubanks chitarra, Eric Harland batteria, quantunque si sia sentita la mancanza del mirabile quarto uomo, il pianista Craig Taborn. Vivissime emozioni ha offerto un quartetto imperniato sulla voce suadente della cantante albanese Elina Duni. E bene hanno figurato Omar Sosa, il quartetto Brass Bang di Paolo Fresu, il trascinante sestetto di Javier Girotto e Fabrizio Bosso con il pianista Natàlio Mangialavite apprezzato pure in altri contesti. Difetti? Parecchi. La tendenza (seppure comprensibile in questo momento difficile) a diventare un festival troppo itinerante, e ad affastellare troppe cose in dieci giorni. Infine, l'incontro molto atteso fra la tromba di Fresu e il violino «senza confini» dell'algerino Kheir Eddine ha sofferto dei suoni elettronici di Fresu.

Roccella Jonica, dopo aver tentato di tutto - ancora una volta! - per salvare uno stupendo cartellone preannunciato dall'11 al 23 agosto, si è dovuto rifugiare in due sole serate, peraltro pregevoli (Sofia Rei, Dave Holland, Chico Freeman) e ha rinviato tutto il resto a dicembre. Meglio ha potuto agire Basiliano Sulis (Basilio per i cultori del jazz) direttore artistico di Sant'Anna Arresi, che ha adottato in autonomia e con progetti forti la decisione di procrastinare al prossimo inverno il suo 29° festival già disposto per la fine di agosto e l'inizio di settembre.

È stato opportuno intervistarlo per chiarire vari particolari. Basilio non si fa pregare. Anzi, dopo il primo quesito («era proprio necessario ritardare di circa quattro mesi il festival 2014?») prevede anche gli altri e intraprende un tranquillo monologo. Dice: «si è capito in tempo che i contributi non avrebbero rispettato il periodo di agosto-settembre. A fine anno la situazione sarà diversa. La rassegna si dividerà in due parti, la prima a Natale dedicata alla vocalità con un piccolo melodramma, Suliru, al quale partecipano fra gli altri Elena Ledda e cori a tenores; la seconda, fino al 3 gennaio, è nettamente jazzy con il ricordo delle «conductions» del direttore d'orchestra Butch Morris del quale abbiamo le registrazioni di tre concerti tenuti a Sant'Anna. La parziale coincidenza con l'Umbria Jazz Winter di fine anno è tale per cui chiunque può essere in qualche modo presente qui e a Orvieto. Infine, riguardo all'assetto dei concerti che si devono svolgere al chiuso anche se qui l'inverno è mite, disponiamo di tre sale e progettiamo una tensostruttura capace di 600/800 posti.

Ce la facciamo di sicuro».

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