Cultura e Spettacoli

La Scala sceglie l'arte: alla "prima" parlerà russo

Come previsto in tempi non sospetti, ovvero ben prima del conflitto in corso, sarà l'opera russa Boris Godunov ad aprire la stagione della Scala 2022-2023

La Scala sceglie l'arte: alla "prima" parlerà russo

Come previsto in tempi non sospetti, ovvero ben prima del conflitto in corso, sarà l'opera russa Boris Godunov ad aprire la stagione della Scala 2022-2023. Il capolavoro di Musorskij, andrà in scena il 7 dicembre diretto da Riccardo Chailly e con la regia di Kasper Holten. Nel ruolo del titolo c'è il russo Ildar Abdrazakov, il miglior basso in circolazione per vocalità e intelligenza interpretativa, straordinario Attila nell'opera inaugurale del 2018.

Nell'era di caccia alle streghe non era scontato che Boris Godunov sarebbe stato confermato. Negli Stati Uniti dove il sostegno ai Paesi in conflitto - ne viene scelto uno tra le decine belligeranti - diventa questione di tifoseria. Ma siamo in Europa, e ai vertici della Scala c'è Dominique Meyer che pungolato sul tema ha spiegato che tanti artisti russi, Netrebko compresa, hanno ricevuto medaglie dal proprio Presidente, ma non per questo vanno banditi. «Gli artisti sono felici di ricevere le medaglie, ma questo non ne fa dei guerrieri. Settimana scorsa il recital di Netrebko è stato un successo, alla fine il pubblico era in piedi. Io non sono per la cancellazione dell'arte russa. Non mi nascondo quando leggo Puskin», ha detto il sovrintendente accalorandosi. Chailly ha aggiunto che quando le opere sono chiara espressione di una cultura nazionale, il caso del Boris, è necessario un cast

«idoneo per cultura, lingua e stile. L'obiettivo è artistico» (Chailly). Tra l'altro è alla Scala che venne prodotta la prima italiana del Boris (nel 1909) che inoltre inaugurò la stagione del 1979 con Claudio Abbado sul podio e il suo assistente Chailly tra gli spettatori.

Chailly dirigerà l'altra nuova produzione della stagione, Lucia di Lammermoor di Donizetti con la coppia Oropesa-Florez. In tutto le nuove produzioni sono otto, ma si contano anche ritorni: recenti e del passato remoto. Si va dalla ripresa del Macbeth di Verdi visto il 7 dicembre 2021, ala storica Bohème del 1963 di Zeffirelli. Prevale il repertorio italiano spaziando dal Settecento napoletano di Leonardo Vinci al Novecento de L'Amore dei tre Re di Montemezzi. In mezzo grandi classici come il Barbiere di Rossini e I Vespri siciliani. Quindi Salome di Strauss Les Contes d'Hoffmann di Offenbach, Rusalka di Dvorak, Le Nozze di Figaro di Mozart e Peter Grimes di Britten. In tutto, 250 spettacoli.

Il calendario torna dunque a infittirsi pur senza toccare i numeri della fase pre-Covid: alzare il sipario costa, meglio farlo meno ma con un tasso di riempimento sostenibile.

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