Scott Eastwood, bravo quanto il papà

di Antonio Negret con Scott Eastwood, Ana de Armas, Gaia Weiss, Freddie Thorp

Arriva, quasi a fine agosto (ma, forse, è un bene), una delle pellicole più interessanti e apprezzabili di questa sterile estate su grande schermo. Un film d'azione, testosteronico, che sfrutta la brillante ascesa a divo, sempre più evidente negli ultimi anni, di Scott Eastwood, il figlio del grande Clint. Che siano parenti lo si capisce guardandolo negli occhi, nelle espressioni del suo viso, che ti fanno pensare a una macchina del tempo messa in azione per riportare sul set un giovane Clint. Al di là della somiglianza con l'illustre padre, Scott è bravo, sta crescendo, migliorando. Ha, ormai, il carisma per fare il protagonista. Se la cava bene e il futuro è tutto dalla sua parte.

In questo thriller, è Andrew Foster, ladro affascinante e dalla faccia tosta, che lavora in coppia con il fratello Garrett (Freddie Thorp). Sono specializzati nei furti di macchine d'epoca e, proprio mentre stanno compiendo l'ennesima bravata, si ritrovano sotto il ricatto di un famoso, quanto spietato, boss locale, Jacomo Marier. Per i due ladruncoli esiste solo una possibilità per avere salva la propria vita: sottrarre un pezzo raro come la preziosa Ferrari 250GT, del 1962, che appartiene a Max Klemp. Più facile a dirsi che a farsi. Costui è un criminale tedesco, nemico di Marier, residente in Costa Azzurra. Infiltratisi con l'aiuto di due splendide, quanto abili, ragazze, per i fratelli prende il via una corsa contro il tempo per portare a termine la missione, tra inseguimenti spettacolari, scene d'azione e una buona dose di ironia.

I film, con protagoniste le auto, hanno sempre un bel pubblico di affezionati.

Senza scomodare la serie di Fast & Furious, che questa pellicola richiama in più occasioni, val la pena ricordare l'imminente uscita (il 7 settembre) di Baby Driver, altro lungometraggio rivelazione che propone gli stessi ingredienti, anche se mischiati diversamente. Merito del successo di Overdrive va dato anche al regista Antonio Negret, che con Transit (2012), aveva dimostrato di saper gestire il «crime movie» adrenalinico.

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