Cultura e Spettacoli

Lo scrittore e linguista che ha insegnato la grammatica all'Italia

Raffinato romanziere, amico di Chiara, era innamorato delle parole e dello stile

Lo scrittore e linguista che ha insegnato la grammatica all'Italia

Ormai viveva isolato, nella sua casa-studio-biblioteca. Ritirato da molto tempo, non vedeva nessuno, ma parlava con tutti. Telefono, Facebook, libri soprattutto. Quello che aveva da dire, come i veri scrittori, lo scriveva.

Federico Roncoroni è morto domenica. Ma per sua volontà la notizia è stata data solo ieri nel tardo pomeriggio, dopo i funerali, in forma strettamente privata, a Como. Viveva lì, su un lago naturalmente.

Uomo di lago, di sentimenti forti, apparentemente riservato, in realtà esuberante, come tutti coloro che vivono attorno alle acque chiuse era apertissimo alla vita. Ironico, curioso, grandissimo raccontatore, uomo di tavola e di salotto, amava la vita, le donne, gli amici, sempre con un'idea, un progetto, una cosa da fare, un'altra da dire. In questo, con Piero Chiara si trovò benissimo. Laghi diversi, stessa joie de vivre. Si chiama destino.

Con Piero Chiara, di cui Roncoroni diventò con il tempo il più grande amico, poi il massimo esperto, poi l'esecutore testamentario, poi il sacerdote della memoria e massimo critico, andò così. Fu destino. Chiara, che ormai era già Piero Chiara, un bestsellerista col cappotto d'astrakan sul lungolago di Luino, alla fine degli anni Sessanta aveva bisogno di un giovane latinista per rinfrescare la traduzione del Satiricon di Petronio, e qualcuno gli segnalò «il Roncoroni», da Como: ottimo insegnante, grande studioso, bella penna, bella testa, abiti di buon taglio e latino elegantissimo. Prima fu una collaborazione, poi un sodalizio. Molti successi di Chiara si devono anche a Roncoroni: la celebre e vendutissima biografia di Gabriele D'Annunzio, ad esempio.

Ma Roncoroni non fu solo il figlio elettivo di Piero Chiara, e il suo alter ego editoriale (per anni di tanto in tanto concedeva ai lettori qualche rarità che tirava fuori dalle carte private dello scrittore di Luino: lettere, raccontini, prose varie; nel recente volume In Viaggio, edito da Aragno, raccolse i reportage giornalistici di Chiara...), Roncoroni fu egli stesso scrittore, giornalista, romanziere e linguista, soprattutto. Aveva una capacità di lavoro straordinaria. E il campo in cui dominò fu la «scolastica»: manuali, antologie, grammatiche... Metà degli italiani in età scolare delle ultime due generazioni ha studiato sulle sue grammatiche, l'altra metà su quelle di Marcello Sensini, che Wikipedia registra come «linguista che si occupa di lessicografia e di semantica. I suoi testi di grammatica italiana sono tra quelli più diffusi nelle scuole italiane e straniere», e che in realtà è solo lo pseudonimo di Roncoroni. Comunque, la sua Grammatica essenziale della lingua italiana (Mondadori) è tra i testi più adottati in assoluto nelle scuole italiane e resta a oggi un manuale fondamentale per gli studenti. E il celebre Testo e contesto. Guida all'analisi delle opere degli autori nel loro tempo l'abbiamo avuto tutti nello zaino quando andavamo a scuola. Si chiamano Maestri.

Venti anni di insegnamento, bibliofilo di raro puntiglio (ogni libro della sua curatissima biblioteca era sceltissimo), creatore di imperdibili plaquette a tiratura limitatissima, riservati agli amici più veri, lui stesso amico vero dei grandi autori del Novecento italiano (nel suo archivio lettere e documenti di Carlo Emilio Gadda, di cui curò un epistolario, Vittorio Sereni e tanti altri), autore di romanzi sentimentali nel senso più alto e nobile del termine, e di grande successo, come Un giorno, altrove (uscito da Mondadori nel 2013 e poi rientrato negli Oscar), Roncoroni amava in particolare la scrittura aforistica che spargeva nelle diverse rubriche che teneva su più di un giornale (il fortunatissimo Il libro degli aforismi pubblicato da Mondadori è arrivato alla ventottesima edizione).

Le ultime volte che i suoi vari amici lo hanno sentito al telefono, negli scorsi mesi, era uno strazio. La voglia di parlare era inversamente proporzionale alla forza. Immensa la prima, quasi inesistente ormai la seconda. Non poteva esserci contrapasso più feroce. L'uomo che meglio di tutti conosceva le parole, non aveva l'energia per pronunciarle.

Ma non è un problema, tutto sommato. Potremmo continuare a leggerle, tutte le volte che lo vorremo.

I grandi uomini, sono nei loro libri.

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