"Scusa, mi piace tuo padre"

Il Natale fa da sfondo ad una commedia che aspira ad affrontare temi seri in maniera divertente ma senza riuscirci e risultando inaspettatamente noiosa

"Scusa, mi piace tuo padre"

Sarebbe bello poter tessere le lodi di "Scusa, mi piace tuo padre", attualmente al cinema, un film che non cade nel volgare come molte commedie natalizie e neppure nel melenso come il titolo "italianizzato alla Moccia" lascerebbe credere. Purtroppo però la misura e il garbo, l'assenza di inutili allusioni erotiche e di comicità forzate, non sono sufficienti a garantire un buon risultato. La storia narrata, assieme ad insidie cautamente superate, offriva spunti interessanti che non sono purtroppo stati approfonditi. Julian Farino, documentarista britannico già prestato a serie televisive, è qui al suo esordio alla regia per il grande schermo e gli va dato atto di aver confezionato un prodotto se non elegante almeno lontano dall'essere grossolano. Il problema però è che il suo film è costellato di tempi morti ed ha il difetto di non regalare emozioni.

New Jersey. In una piccola comunità due famiglie, gli Ostroff e i Walling, sono vicine di casa e condividono moltissime cose in grande amicizia. Almeno fino al giorno del Ringraziamento, quando la ventenne Nina Ostroff (Leighton Meester) torna a casa dopo cinque anni in giro per il mondo, e spazza via ogni equilibrio intrecciando una relazione con il cinquantenne David Walling (Hugh Laurie), in crisi con la moglie Paige (Catherine Keener). La sarcastica e un po' disadattata figlia minore dei Walling, Vanessa (Alia Shawkat), si trova così come "matrigna" la sua amica d'infanzia. Quanto agli altri, accumulano tensioni e rancori fino ad una disastrosa e liberatoria vigilia di Natale che li vedrà, loro malgrado, nuovamente tutti assieme.

Nuoce al coinvolgimento del pubblico il fatto che, agli occhi dello spettatore, i due protagonisti, Nina e David, si mettano insieme per insoddisfazione e per confusione esistenziale, più che per amore. Caratterialmente sembrano due tardoadolescenti con problemi di identità più che persone mature colte da insopprimibile sentimento. Il colpo di grazia alla già dubbia credibilità del loro trasporto emotivo lo danno le faccette da lolita di lei e gli occhi perennemente inespressivi di lui. Dispiace dirlo ma siamo anni luce distanti dal fascino del Dottor House e dalla sua tagliente dialettica; né convince l'ex Gossip Girl.

Mentre i due divi televisivi deludono, a riscattare la situazione è il cast di comprimari, davvero di alta classe, soprattutto Catherine Keener nei panni della moglie tradita.

Resta inoltre un concetto davvero interessante anche se accennato appena nel film: l'idea del diritto alla felicità e della difficoltà oggettiva di raggiungerla talvolta proprio a causa delle persone a noi più vicine. Per il resto, nessun battito, nessuna risata ed un finale tutt'altro che coraggioso.

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