Cultura e Spettacoli

Se il diavolo bussa alla porta per scatenare le nostre paure

Al Festival di Cannes un avvincente noir metafisico. Ottima accoglienza di "Borgman", film dell'eclettico van Warmerdam che si interroga sulla natura del male. Inquietante e insieme raffinato

Se il diavolo bussa alla porta per scatenare le nostre paure

Il diavolo, probabilmente. In un sobborgo elegante di una bella città europea si presenta un vagabondo. Vorrebbe potersi lavare, e magari un pasto caldo. C'è chi lo respinge educatamente, chi più bruscamente, ma è solo quando un contatto si stabilisce, non importa se amicale o conflittuale, che la distruzione si insinua e poi si espande. Il vagabondo ha tratti mefistofelici, ma non ripugnanti, è Lucifero, ovvero l'angelo decaduto per troppa superbia, non la faccia brutta, sporca e cattiva del Belzebù da tragedia. E infatti appare avendo al suo seguito degli angeli ribelli, volti comuni, volti dolci, maschi e femmine, capaci sì di uccidere, ma non killer professionisti. C'è chi fatica a strangolare, chi arriva tardi a un appuntamento: non ha sentito la sveglia del cellulare...

Con la sua banda, Lucifero, dunque, entra in una famiglia che avrebbe tutto per essere felice: una dimora elegante, la riuscita professionale, dei bambini splendidamente biondi, un giardino magnifico. È proprio tutto questo a risvegliare il primo segnale d'allarme nell'elemento femminile della coppia. «Abbiamo tutto, ho paura che pagheremo cara questa felicità». Il marito la rassicura: siamo nati nell'Occidente, e l'Occidente vive nell'opulenza, non possiamo impedirlo». E invece, è l'inizio della fine.
Costruito come un noir metafisico e ironico, un po' Beckett e un po' Tati, Borgman è la prima vera sorpresa a Cannes. Esplora la devastazione del male, ma senza effetti speciali, grand guignols, cataratte di sangue e/o mutilazioni. Rispetto alle sue sottigliezze, Heli, il film di Amat Escalante che ha fatto gridare all'orrore per le sue scene di tortura, è un gioco da bambini. Qui è tutto più raffinato, meno gridato, meno dichiarato. Più diabolico, appunto.

«In Borgman - dice i regista Alex van Warmerdam - volevo mostrare che il male si presenta ogni giorno in ogni forma: gente normale, uomini educati, donne che assolvono con orgoglio e piacere il loro compito, attente a ogni dettaglio. E volevo mostrare che non arriva in fredde serate invernali, ma nelle estati più di speranza, sotto un sole caldo e rassicurante. Infine, volevo raccontare come un uomo come Borgman, perennemente elusivo, che non dice mai chiaramente che cosa la sua presenza significhi, possa intossicare un animo femminile in maniera talmente profonda da renderlo inerme, indifeso».

Olandese, già autore di Les Habitants, che dieci anni fa è stato soprattutto in Francia un film di culto, premiato a Venezia dalla critica internazionale per La robe nel 1996, e per Gli ultimi giorni di Emma Blank nel 2009, van Warmerdam è una curiosa figura di artista multimediale. Cineasta, designer pubblicitario, pittore. Per fare questo film, ha messo in vendita una serie limitata di sue litografie: chi le comprava, diveniva co-produttore... A occhio, gli acquirenti si riprenderanno i loro soldi.Sogno, demonio, allegoria, incarnazione reale delle nostre paure, Borgman è tutto questo e molto altro ancora. «Invecchiando, si dovrebbe essere più indulgenti. Superati i sessant'anni, mi accorgo di essere invece divenuto più cattivo. Sia chiaro, il mio non è un film contro la ricchezza o i privilegiati. Più semplicemente, volevo esplorare la parte oscura della mia immaginazione e vedere che cosa vi avrei trovato. E, insieme, volevo fare un film aperto, una pellicola che sollevasse più domande rispetto alle risposte che vi si potessero trovare».
Interpretato da attori in Italia sconosciuti, il fiammingo Jan Bijvoet, nella parte del male, la danese Hadewych Minis, in quella di Marine, la donna che soccomberà al suo fascino nefasto, Borgman si avvale di quelle luci e quei paesaggi del Nord Europa, dove tutto appare puro e come disincarnato, e la pulizia sembra farla da padrone. Lo sporco, la cattiveria sembrano nascondersi alla vista, e non è un caso che il film si apra con una sorta di caccia a chi si annida nel profondo della terra, con tanto di prete armato di fucile a guidare la «battuta». E forse, mai come quando si vuole affrontare il nemico a viso aperto, ci si deve chiedere se non sarebbe più sensata una non belligeranza, ciascuno padrone del proprio territorio, senza crociate per il bene o per il male.

Bisogna saper convivere con il diavolo, affinché il diavolo accetti l'idea che ci può essere del bene a questo mondo.

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