Se i confini sono spazio sacro

Per gli antichi romani i «confini» erano il Limes: trovarsi al loro interno o al loro esterno significava far parte o meno del mondo civile. Non era solo una questione di way of life, però. I confini delimitavano lo «spazio sacro», la Patria benedetta e protetta dagli Dèi: per questo Romolo aveva ucciso suo fratello all'origine dell'Urbe, perché sbeffeggiando i confini, Remo aveva anche sbeffeggiato la Patria e gli Dèi. Insomma i confini sono elemento fondativo per una comunità, in senso anche spirituale. Conoscerli e rispettarli, per gli antichi, significava anche sapere fin dove spingersi ed eventualmente varcarli consapevolmente, senza cadere nel peccato di ubris, la tracotanza, che inevitabilmente porta alla distruzione di sé stessi.

Ma i confini non sono solo un limite, sono anche il luogo dell'incontro, il luogo in cui si aprono varchi, porte, spesso ponti verso l'altro da sé: il vantaggio è che la presenza di un confine ben difeso, consente un incontro ordinato e dunque più sicuro, per chi è dentro, come per chi giunge da fuori. È per questo che la difesa dei confini è così consunstanziale al concetto stesso di Stato, di Res Publica solida e ben governata: se non sono sicuri, essa, semplicemente, non esiste più.

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