Uno che si mette col proprio computer, ci fa l'amore e ci va in gita è matto, o è solamente un uomo sfortunato con le donne vere? Magari è l'uomo del futuro, manda a dire Her di Spike Jonze, romantica commedia sci-fi, ieri applaudita all'Auditorium nella seconda giornata di concorso. Se poi l'entità intuitiva OS1, un sistema operativo personalizzato, ha la voce calda di Scarlett Johansson, che mai compare ma, di fatto, è la partner di Joaquin Phoenix, bravissimo come il solitario «nerd» protagonista, si capisce perché il film (da noi a marzo, con Bim) sia lanciato nella corsa agli Oscar. Curioso: la Johansson, ieri soltanto sul tappeto rosso, bella e incurante della pioggia, incarna il fantasma della solitudine urbana sia qui, dove la sua Samantha fa compagnia diurna e notturna a Theodore, scrittore di lettere a pagamento nella Los Angeles contemporanea, sia in Lost in Translation, firmato dall'ex-moglie di Jonze, Sophia Coppola. «Non parliamo della mia vita privata, ma del film che mi ha dato filo da torcere», dice il regista, che per sottotitolo sceglie A Spike Jonze Love Story. La storia d'amore c'è, in effetti, e diverte persino, quando il computer svela i propri limiti «umani», lamentandosi d'essere solo un'intelligenza artificiale senza corpo. Per rimediare, Samantha organizza persino un incontro tra Theodore e una fanciulla in carne e ossa, incaricata di fare da tramite fisico tra i due amanti virtuali. «Ho sviluppato il personaggio del protagonista, confrontandomi con Phoenix, che mi odia perché gli ho cambiato tre volte il colore dei capelli e gli occhiali, che non dovevano essere alla moda», dice Jonze, enfant terrible che, a 44 anni, influenza Hollywood. Così, pantaloni a vita alta e camicia arancione, l'imperatore Commodo de Il gladiatore s'aggira stralunato tra grattacieli e metropolitane, parlando a ruota libera con la voce di lei, che lo guida, l'ispira e lo prende come fosse in carne e ossa. Naturalmente, qui la tecnologia è di classe: un cellulare smaltato nel taschino e Samantha evade le e-mail, organizza la giornata, suggerisce di prendere un thè. Non si sa chi doppierà Scarlett, nella versione italiana, ma è quasi certo che per lei si pensa a un'inedita statuetta per la performance vocale. Del resto, da Tom Hanks a Debra Winger, sono tante le star «presenti» in voce e basta. «La tecnologia mi appassiona, perché il futuro mi appassiona. Questo film stimola il confronto e fa pensare ai nostri comportamenti individuali e collettivi. È uno dei film più straordinari che abbia mai girato», dichiara Joaquin Phoenix, vincendo la sua proverbiale ritrosia.
Certo, l'interazione compulsiva del solitario cuore infranto di mezza età, che una volta a casa, gioca a buffi videogames, può ricordare Alphaville di Jean-Luc Godard, dove la voce d'un computer pilotava il protagonista, a Parigi. Ma Adam Spiegel (il vero nome di Jonze) gioca più sul lato romantico e surreale, spingendo il pedale della compassione ogni volta che il suo Theodore mette l'auricolare nell'orecchio, per collegarsi con la dolce metà fonetica. Di sicuro, Her parte da un'idea di fondo, che gira intorno a un concetto: la tecnologia ha alterato le nostre vite, occorre mostrare in che senso stiamo cambiando. «Sembri reale», dice Theodore al sistema operativo e anche lo spettatore ha la stessa impressione.
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