Se n'è andata la Andersson, "musa" di Bergman

Se n'è andata la Andersson, "musa" di Bergman

Simboleggiava la ragazza pura, l'«innocente di professione», come diceva Ingmar Bergman, che volle Bibi Andersson in 13 dei suoi film. E adesso che la luminosa attrice svedese è morta a Stoccolma, a 83 anni, riaffiora l'idea di un altro cinema, più gentile e complesso dell'attuale. Un Posto delle fragole (1957), dove una fanciulla dalla pelle di pesca del Nord si smarriva tra gli alberi, cestino di frutti di bosco al braccio e riccioli vittoriani sulle spalle. Figurando come ragazza moderna, nello stesso film, capelli corti e neri e pipa tra le labbra. Come per tutte le donne, la foggia dei capelli fu importante per Bibi: in Persona (1966), film che la rivelò, li sfoggiava cortissimi, parlando con l'altra musa di Bergman, Liv Ullmann, muta per copione (e come lei, dopo l'ictus del 2009, Bibi non avrebbe parlato più). Due spiriti femminili cari al Maestro, sul set e nella vita. Scene da un matrimonio (1974), forse, con la Andersson soffocata da un connubio infelice, lei che è stata la donna più ribelle di Bergman, uso a chiudere le proprie attrici-feticcio in un rapporto d'amore e lavoro esclusivo.

Naturale e brava, Berit Elisabeth Andersson, che ne Il settimo sigillo incarnava Vita, a confronto con Morte, era nata a Stoccolma l'11 novembre 1935 e fin da adolescente voleva fare l'attrice. Il debutto nella commedia Dum-Bom (1953) e la frequentazione del Teatro Drammatico di Stoccolma, lo stesso di Greta Garbo, non sfuggirono a Bergman, che ne fece la sua musa: L'occhio del diavolo (1960), con lei nei panni della figlia d'un prete insidiata da Satana, suggella un sodalizio artistico iniziato nel 1951, con la pubblicità d'un sapone, e alternato a fasi in cui Bibi tornava al teatro. Dopo la relazione con Bergman, nei '60 sposò Kjell Grede, regista svedese dal quale divorziò nel 1973. Il secondo marito, il politico Per Ahlmark, durò dal 1970 al 1981. Nel 2004, un terzo matrimonio.

Riflettendo sulla carriera, in un'intervista del 1977 ad American Film Bibi rivelò di «non sentire alcun nesso» con il suo lavoro. Salvo Persona. Ogni volta che lo rivedo, so di aver assolto il compito di un'attrice: creare un personaggio», disse. Per i cinèfili lei resterà, per sempre, l'infermiera di Persona.

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