Se al Teatro alla Scala si stecca sul bon-ton

Il direttore Barenboim con la camicia sbottonata, la cantante in rosso e sbracciata. Quante gaffe per un evento storico

Se al Teatro alla Scala si stecca sul bon-ton

L’abito non fa il monaco. Non è così. Almeno in certe attività e soprattutto in certe occasioni. Questo pensiero è ritornato vedendo il direttore d’orchestra Daniel Barenboim in occasione del concerto al Teatro alla Scala in onore del Papa. Benedetto XVI, al di là di qualsiasi considerazione pur alta di ordine religioso, è un capo di Stato. E quando si danno le terga (privilegio riservato solo ai direttori d’orchestra, agli autisti e ai cocchieri) a una personalità doppiamente rappresentativa, bisogna che l’abbigliamento, meglio il portamento, sia all’altezza dell’occasione.
Barenboim non indossava la tenuta dei suoi professori d’orchestra, il frac. Transeat. Ma l’abito sostitutivo era indossato con disinvolta trasandatezza, soprattutto nel particolare della camicia (colletto cosiddetto coreano) ampiamente sbottonata. È una moda odierna, si sa. Ma la moda non può essere invocata quando il direttore musicale del Teatro alla Scala è in veste ufficiale, trattandosi del concerto offerto da Milano al Papa in vista. I cosiddetti «laici» di pensiero invocano comodamente non solo la libertà di costume, ma anche una supposta maggiore praticità e conseguente rinnovamento rispetto alla vetusta tradizione. Seguendo questo alto pensiero, per oltre due secoli, il direttore d’orchestra ha operato in condizioni costrittive. Opinione che oggi non sarebbe condivisa da molti illustri direttori del passato prossimo i quali sostenevano essere il frac, oltre che la loro «divisa», un capo d’abbigliamento adatto a favorire la fluidità del gesto e l’impostazione verso gli esecutori. A parte, si intende, il fisico occorrente.
Addirittura la storia ricorda carriere direttoriali agevolate dal fatto che «portavano bene» l’abito da cerimonia. Erano casi rari e non auspicabili per chi pensa alla musica e non al look. Esempio inconfutabile è il ricordo dell’americanissimo Leonard Bernstein, nella vita di ogni giorno portatore di abbigliamento etnico, casual e variopinto. Ma sul podio indossava il prescritto frac, corredato da inappuntabile camicia inamidata. Certo si può obiettare che Herbert von Karajan, anche in presenza del predecessore di Benedetto XVI in San Pietro, diresse la Messa dell’Incoronazione di Mozart con un elegantissimo abito, sostituto del frac, corredato da camicia inamidata e cravatta. Bisogna ricordare che il grande direttore austriaco era affetto da una dolorosa infermità all’apparato scheletrico che gli arrecava indicibili sofferenze. In condizioni fisiche normali Karajan, eccelse doti direttoriali a parte, è stato sempre un modello di eleganza, vanto della sartoria italiana.


Tanto per non farsi mancare niente, alla Scala è stata notata fra i cantanti solisti una signora in abito rosso e a spalle e braccia scoperte. Innovazione o non conoscenza delle regole? A conti fatti non è solo questione di frac.

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