Se la violenza è "savianesca" allora è pedagogica

Se il padre nobile della fiction è Roberto Saviano allora Repubblica si schiera a difesa

Se la violenza è "savianesca" allora è pedagogica

Le serie televisive e i film servono prevalentemente a intrattenere; poi, se ben fatte, a raccontare un pezzo di mondo. Cercare correlazioni tra quanto narrato e i comportamenti di chi guarda è operazione a rischio. Però, ecco, se c'è un quotidiano che in Italia ha visto nella televisione (soprattutto se privata) una fonte di cattivi pensieri, quel quotidiano è Repubblica. Basta dare un'occhiata nell'archivio on line della testata per vedere come dal Drive in alla mercificazione del corpo delle donne si sia visto un percorso quasi obbligato.

O come più e più volte si sia tracciato un filo diretto tra violenza sullo schermo ed emulazione. Peccato però che questo moralismo, giusto o sbagliato che sia, ora si dimostri a orologeria. A finire sotto accusa negli ultimi giorni come «cattivo esempio» è stata la seconda stagione della serie Gomorra in onda su Sky. A prendere posizione contro la fiction che viene «recitata» per le strade di Napoli dai bambini sono stati magistrati come Catello Maresca o Raffaele Cantone o in passato l'ex direttore generale della Rai Luigi Gubitosi.

In questo caso però il padre nobile della fiction è Roberto Saviano. E allora Repubblica si schiera a difesa. Come nell'articolo di Mario Calabresi sulla «libertà di Saviano». O più direttamente come nell'articolessa di ieri firmata da Ilda Bocassini. Per dirla come la Boccassini: «Roberto Saviano è bersaglio di critiche violente e ingiustificate, dettate anche da una non simpatia per l'uomo piuttosto che per il lavoro che svolge». E via di ragionamenti all'insegna del «Gomorra indaga il male per superarlo» o «Gomorra riproduce la realtà, altro che emulazione».

Per carità gli argomenti del procuratore aggiunto del Tribunale di Milano sono validi. Ma perché trovano spazio solo adesso e prima invece andavano benissimo titolazioni, pescando nel mucchio (bello grosso), come Bambini-cavie a Hollywood per visionare film violenti o I prof e la guerra dei giocattoli: Troppa violenza, disarmate quei Lego o ancora da Thor a Hunger Games, è allarme violenza nei film.

Avranno cambiato idea folgorati dal pensiero che la televisione debba essere libera? Oppure è solo questione di appartenenze e solidarietà con una firma? In

questo caso però bisogna ricordarsi di quanto scrive nel suo articolo il procuratore Boccassini, da esperta dell'antimafia quale è, a proposito del mafioso: «Solo per quest'ultimo è basilare la cultura dell'appartenenza».

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