Cultura e Spettacoli

Se Zalone non spenna l'abbonato Rai

Zalone rifiuta il compenso Rai: "Si tratta di soldi pubblici, tanti, mi avrebbero massacrato, giustamente"

Se Zalone non spenna l'abbonato Rai

Risulta che Luca Medici, in arte Checco Zalone, abbia rifiutato l'invito, dietro compenso sontuoso, della Rai, di Carlo Conti, del municipio di Sanremo, e altri ritengo, a partecipare al prossimo festival della musica leggera. Non come cantante, però - e già questo sarebbe stato il vero e unico scoop - ma come ospite speciale. La giustificazione dell'attore pugliese sarebbe stata la seguente: «Si tratta di soldi pubblici, tanti, mi avrebbero massacrato, giustamente». Ora, premesso che in fase di lancio del film Quo Vado?, lo stesso dottor Medici, scrivo apposta il suo titolo universitario, ha partecipato ad altre trasmissioni Rai, segnalo che il rifiuto dello stesso ha nuovamente creato qualche allergia tra coloro che pensano sempre in modo corretto ed elegante, già imporporati in varie parti del loro corpo per allergia o intolleranza al successo di Zalone. È furbo, il ragazzo, prima incassa e poi fa il furbetto, dicono costoro. Anche perché Zalone è un cafone della Puglia, è un laureato vero, peggio per lui, non è un toscano schietto e con titolo ad honorem, anche perché Zalone è un Cozzalo (dunque Che Cozzalone) come dalle parti di Bari, su e giù, viene definito il cafone, in principio era il contadino ignorante e zotico poi coinvolge qualunque tipo volgare, vestito a festa ma rozzo. Così avrebbe deciso, dunque, godendosi i denari privati derivanti dal film e lasciando ad altri quelli pubblici del festival sanremese, un vero cozzalo. Mentre Roberto Benigni, uno duro e puro nelle idee e nell'ideologia, al festival partecipò a cavallo di un bianco destriero e sventolando il tricolore, tra applausi oceanici, perché una cosa è il cafone pugliese, un'altra, invece, l'arte nobile del toscanaccio al quale i soldi, quelli pubblici soprattutto, garbano ma vengono tenuti sotto traccia, perché, direbbe l'Alighieri, vuolsi così colà dove si puote. Benigni e la sua orchestra possono e fanno, vengano pure i denari della Rai e si moltiplichino, si parli e si sparli di chiunque, anche di Cristo scusandosi magari, come Pietro Aretino, tutto è lecito, tutto è concesso perché così vanno le cose. Il cafone di Capurso si faccia una ragione, è destinato a essere un fenomeno circense, a Sanremo, tra l'altro, non dovrebbe comunque andare per motivi meteo; in riviera, di solito, splende il sole, Zalone, invece, ha avuto la buona sorte, anzi il culo secondo Vanzina, di uscire nelle mille sale d'Italia quando pioveva e la gente era spinta a rifugiarsi al cinematografo. Anche Castellitto ha voluto aggiungere un pensiero sul cafone di gran moda: «il suo successo è come un evento rave». Restando nelle Puglie (al plurale, come ci insegnavano a scuola), direi che si tratta di evento da «cime di rave», perché Zalone non può andare oltre, quello è e quello deve rimanere. Castellitto spiega che Quo Vado? non può fare bene al cinema italiano ma non spiega che cosa sia, o meglio che cosa sia diventato, il «cinema italiano». A meno che non si intenda per «cinema» tutto quello che appartiene a un certo ceto intellettuale e per questo cito Ennio Flaiano e il suo Frasario Essenziale per passare inosservati in società. «Iscrivetevi al Partito comunista. Vantaggi: sarete temuti e rispettati, libertà privata totale; ampie possibilità per il futuro; viaggi in comitiva; nessuna perdita in caso di persistenza del Sistema; guadagno in caso di Rivoluzione (almeno per i primi tempi); colloquio con i giovani; ammirazione del ceto borghese; ampie facilitazioni sessuali; possibilità di protesta; rapida carriera; firme di manifesti vari; impunità per delitti politici e di opinione; in casi disperati, alone di martirio».

Gentile Luca Medici, si adegui e, come si dice al paese suo, «Iàpre l'écchie!» (in risposta a un'offesa: Svegliati!).

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